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Il negazionismo climatico sui telegiornali italiani non è un caso isolato

Greenpeace: «La disinformazione e la manipolazione mediatica sono diventate strumenti di controllo per le industrie fossili e i loro alleati politici»
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Il «taglietto strategico» denunciato nei giorni scorsi dal fisico del Cnr Antonello Pasini che, intervistato dal Tg1, ha incomprensibilmente visto sparire dal servizio la frase in cui spiegava gli effetti della crisi climatica sul Mediterraneo e il legame con gli eventi meteo estremi, è solo l’ultimo caso di uno strisciante negazionismo climatico che attraversa i media main stream in Italia e non solo.

«Il cambiamento climatico – spiega Chiara Campione, a capo dell’unità Clima di Greenpeace – sta diventando una minaccia diretta alla vita delle persone. Questo è il prezzo che stiamo pagando per una politica energetica che rimane ancorata al passato, a un sistema basato sui combustibili fossili che ci sta portando sull’orlo del disastro. Tuttavia, i sintomi della febbre non si fermano qui. La disinformazione e la manipolazione mediatica sono diventate strumenti di controllo per le industrie fossili e i loro alleati politici. Le Nazioni Unite hanno lanciato un monito chiaro: le compagnie dei combustibili fossili stanno conducendo una massiccia campagna di disinformazione per rallentare la transizione energetica e far percepire il passaggio alle rinnovabili come troppo costoso o complesso».

Lo stesso segretario generale dell’Onu, António Guterres, lo scorso giugno si è spinto ad affermare che «molti nell’industria dei combustibili fossili hanno fatto spudoratamente greenwashing, hanno cercato di ritardare l’azione climatica con attività di lobbying, minacce legali e massicce campagne pubblicitarie.  Sono stati aiutati e incoraggiati da società pubblicitarie e di pubbliche relazioni alimentando la follia». Da qui la richiesta a ogni Paese del mondo di vietare la pubblicità delle aziende produttrici dei combustibili fossili, e la richiesta ai media di non ospitarla sulle proprie pagine. Un appello finora caduto nel vuoto: in Italia solo una sparuta avanguardia di testate – tra cui greenreport – ha aderito alla “Stampa libera per il clima” promossa da Greenpeace, mentre uno studio condotto dall’associazione ambientalista documenta che ¼ delle notizie che vanno in onda nei Tg nazionali fa di fatto opposizione alla transizione ecologica, e che non va meglio sui principali quotidiani in edicola.

Anche «l’episodio di manipolazione dell’intervento di Antonello Pasini da parte del Tg1 non è unico – conclude Campione –,  visto che il fisico del Cnr (una delle Voci per il clima, il network di esperti ed esperte contro il greenwashing promosso da Greenpeace Italia) ne denuncia almeno altre due recenti a opera prima del Tg2 e poi sempre del Tg1 […]Il negazionismo climatico in Rai, l’ostruzionismo burocratico del governo e delle Regioni, la vergognosa campagna contro le rinnovabili, fanno parte della stessa strategia: difendere il mercato delle fossili, e del gas in particolare. È tempo di rompere questo patto di potere tra politica, media e industrie fossili».

Per comunicare al meglio la crisi climatica, i ricercatori italiani riuniti nel Climate media center Italia hanno prodotto un prezioso vademecum cui poter fare riferimento ma, contro la psicologia del negazionismo e le fake news, oltre a una buona informazione serve anche una politica di qualità; non ne va “solo” dei destini del clima ma soprattutto del benessere umano, dato che secondo l’ultimo rapporto del World economic forum i due principali rischi per l’umanità sono proprio la crisi climatica e la disinformazione. Due rischi su cui sono in corso intrecci pericolosi.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.