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Palermo, non solo naufraghi in yacht: sono oltre 1.000 i migranti morti e dispersi in mare

Le trombe d’aria e i medicane saranno sempre più frequenti a causa della crisi climatica, ma i problemi che l’Italia è chiamata ad affrontare parlano anche di (mancata) empatia e inclusione
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Già alle prime luci del giorno sono riprese stamani le sacrosante operazioni di ricerca dei dispersi in mare dal naufragio dello yacht extralusso Bayesian, colato a picco lunedì davanti alle coste di Porticello (Palermo) dopo essere stato investito da una tromba d’aria – un evento meteo estremo reso sempre più probabile dalla crisi climatica in corso.

Oltre a una vittima purtroppo già confermata, e a 15 superstiti immediatamente trasferiti al pronto soccorso di Termini Imerese, nelle acque del Mediterraneo ci sono infatti ancora 6 persone disperse tra cui il magnate Mike Lynch. Viene però da chiedersi, come fa oggi anche Avvenire, se possiamo attenderci la stessa sollecitudine nel caso in cui ad affondare sia una barchetta di poveri cristi in cerca di un futuro migliore anziché uno yacht di 56 metri con a bordo ricchissimi ospiti in vacanza.

La risposta la porta la cronaca, ed è negativa. Come documenta oggi l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, i migranti morti o dispersi in mare nel Mediterraneo centrale dall’inizio di quest’anno al 17 agosto sono oltre mille, rispettivamente 421 e 603.

Senza canali d’accesso robusti, legali e efficienti per i migranti – peraltro sempre più utili in un Paese come il nostro in profondo declino demografico, dove Bankitalia stima per questa causa un crollo del Pil del 13% al 2040 –, e nell’indifferenza verso le sorti di chi è più povero di noi, il computo delle vittime non potrà che aumentare ancora. Anche a causa della crisi climatica in corso.

«Le trombe d'aria nel Mediterraneo sono fenomeni sempre più frequenti – afferma nel merito l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – Si formano quando l'aria calda dal mare incontra masse d'aria fredda in quota creando vortici: il cambiamento climatico riscaldando l'acqua del mare favorisce la formazione di trombe d'aria».

Tant’è che ormai si parla anche nello specifico di medicane, un neologismo generato dalla crasi fra i due termini mediterranean e hurricane, a indicare quei veri e propri uragani tropicali che il Mare nostrum non aveva mai conosciuto in precedenza. 

Paragonabili alle tempeste tropicali, i medicane più impattanti sono avvenuti tutti negli ultimi anni: «Temperature delle acque e dell’aria in aumento e persistenti per lunghi periodi portano ad altre conseguenze drammatiche, con sempre più frequenti e devastanti fenomeni per i quali è stato coniato il termine di medicane – argomenta nel merito Legambiente – Questo tipo di fenomeno si genera in seguito allo scontro tra masse di aria fredda e di aria calda sul mare in una zona di bassa pressione. Le enormi nubi che si formano iniziano poi a muoversi circolarmente sviluppando temporali, piogge a carattere torrenziali e venti forti. Così, il maltempo trasporta tutta l’umidità che sale dalla superficie mediterranea scaricandola con violenza sulla terra più fredda. Ma l’aumento in frequenza e in intensità è strettamente legato all’aumento delle temperature vista la maggiore differenza termica tra le acque e la terraferma e di conseguenza una maggiore energia che alimenta il sistema».

Del resto ogni anno un’estate più calda rispetto alle medie degli ultimi decenni, almeno da quando (nel 1880) si registrano in maniera puntuale i dati che descrivono l’andamento del clima. Come conseguenza di estati sempre più calde si è riscaldata la superficie del mare: dal 1993 ad oggi la sua temperatura media è aumenta di circa 0,4°C. E quest’anno il Mar Mediterraneo ha raggiunto temperature veramente elevate, di 28/30°C sono state registrate intorno alla penisola italiana, con picchi sino a 31°C.

«Le trombe marine che ne derivano viaggiano condizionate dalla distribuzione del calore sul mare e, se raggiungono la terra ferma, anche dalla superficie topografica – puntualizza Giuseppe Mastronuzzi, direttore del dipartimento di Scienze della terra e geoambientali dell’Università Aldo Moro di Bari – Non è poi da sottovalutare il rischio che si generino i medicanes, cicloni mediterranei dai caratteri tropicali. Questi sono fenomeni più ampi che si manifestano con temperature del mare superiori a 26°C, come grandi cellule cicloniche con raggi di decine di chilometri che generano mareggiate di forte intensità. Ad esempio nel 2018 il ciclone Zorbas ha causato danni per milioni di euro lungo tutta la costa del mare Ionio, dalla Puglia alla Sicilia».

Che fare? «Un rimedio certo nei confronti di questi fenomeni che dobbiamo immaginare essere sempre presenti in futuro – aggiunge Mastronuzzi – è quello della corretta pianificazione territoriale e della gestione oculata della fascia costiera. Poi se riuscissimo a ridurre l’effetto serra limitando l’immissione di gas nocivi… ma questa è un'altra storia», la più importante, dato che finora gli strumenti normativi messi in campo dal Governo Meloni – dal Pniec al Testo unico sulle energie rinnovabili – stanno frenando la transizione ecologica anziché accelerarla.

Non va meglio, purtroppo, sull’inclusione non solo dei migranti ma anche dei loro figli, cresciuti in Italia ma non riconosciuti come italiani dallo Stato. Per dare una sveglia al Governo, in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza – il prossimo 20 novembre – a Ruvo di Puglia il sindaco Pasquale Chieco (avvocato cassazionista e docente all’Ateneo di Bari) consegnerà la cittadinanza civica a circa 200 minori figli di immigrati senza cittadinanza italiana, ma regolarmente residenti in città da almeno due anni. Un atto simbolico, in attesa che anche l’Italia evolva verso forme di ottenimento della cittadinanza più ampie rispetto al tradizionale ius sanguinis.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.