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Oggi è l'Overshoot day per il pianeta, ma l'Italia è in debito ecologico già dal 19 maggio

Global footprint network: «Il sovrasfruttamento finirà. La domanda è come, con un progetto o con un disastro»
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Cinquant’anni fa, nel 1974, l’Overshoot day cadeva il 30 novembre: l’umanità sforava di un mese il budget ecologico annuale. Nel 2004, il 2 settembre, nel 2014 il 5 agosto. Quest’anno l’Earth overshoot day cade oggi, segnando il momento in cui la domanda di risorse naturali da parte dell'umanità supera la capacità della Terra di rigenerarle per l'anno in questione. Da qui al 31 dicembre vivremo dunque a debito, erodendo il nostro capitale naturale.

Le conseguenze sono evidenti nella deforestazione, nell'erosione del suolo, nella perdita di biodiversità e nell'accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera che porta a eventi meteo estremi. L'umanità sta attualmente utilizzando la natura 1,7 volte più velocemente di quanto gli ecosistemi del nostro pianeta possano rigenerarsi, ma l’Italia fa decisamente peggio della media: nel nostro Paese il giorno del “sovrasfruttamento” è già arrivato il 19 maggio scorso, il che significa che se tutti gli esseri umani vivessero come gli italiani servirebbero 2,9 pianeti Terra per soddisfare i bisogni collettivi. Al contempo, agli italiani servirebbero 4,4 Italie per non andare in debito ecologico.

«Il sovrasfruttamento finirà. La domanda è come: con un progetto o con un disastro. Una transizione pianificata ci offre una sicurezza migliore rispetto al cedere ai capricci di un pianeta sbilanciato dal sovrasfruttamento», spiega Lewis Akenji dal consiglio direttivo del Global footprint network, l’organizzazione internazionale che ogni anno calcola l’Overshoot day e che ha inventato il concetto stesso di “impronta ecologica”.

L’Overshoot day si calcola infatti confrontando impronta ecologica e biocapacità: la prima misura quanta terra biologicamente produttiva è richiesta da una data popolazione (l’intera umanità, in questo caso) per supportare le proprie attività, mentre la biocapacità misura la produzione di risorse naturali effettivamente disponibile sul nostro pianeta. Il risultato è che siamo in deficit ecologico, in altre parole consumiamo più risorse naturali di quelle che si rigenerano, impoverendo il pianeta e di conseguenza la nostra possibilità di continuare a usarne le risorse per avere aria e acqua pulita, cibo, assorbimento emissioni.

«Se fino agli anni 60 l’umanità era più o meno in equilibrio con la natura, di anno in anno la data si è spostata scalando il calendario, per arrivare oggi all’inizio di agosto – osserva Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia – Ciò significa che l'umanità è in overshoot ecologico da oltre 50 anni. Vivere costantemente al di sopra delle possibilità fisiche del nostro Pianeta è una possibilità limitata nel tempo, rischiamo un disastro ecologico».

Non si tratta però di un fenomeno irreversibile. «Ricerca, conoscenza e tecnologie innovative ci aprono scenari fino a ieri impensati. E nuovi modelli di comportamento, di cui soprattutto i più giovani si stanno facendo testimoni, sono la forza su cui possiamo e dobbiamo puntare per dare basi più solide al nostro futuro», spiega la presidente del Kyoto club, Letizia Magaldi.

In che modo? Attualmente, l'impronta di carbonio, ovvero le emissioni di carbonio derivanti dalla combustione di combustibili fossili, costituisce il 61% dell'impronta ecologica dell'umanità. Di conseguenza, dimezzare le emissioni di CO2 derivanti dai combustibili fossili per passare alle fonti rinnovabili ritarderebbe di tre mesi l’Overshoot day.

«Le opportunità provengono da tutti i settori della società. Anche solo mettere mano ai sistemi alimentari potrebbe ridurre il nostro debito: dimezzare il consumo di carne farebbe guadagnare altri 17 giorni, eliminare perdite e sprechi alimentari che affliggono il pianeta altri 13 giorni. È indispensabile agire ora e non perdere più tempo prezioso», aggiunge Alessi.

«Anche per il 2024 siamo arrivati alla fine delle risorse disponibili per l’intero anno – conclude Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia – Abbiamo consumato tutto ciò che avevamo a disposizione. È il risultato, inevitabile, di modelli di vita fondati su una logica di estrazione e di accaparramento delle risorse naturali. Esaurire le risorse ecosistemiche di un determinato anno è un po’ come superare il plafond della carta di credito, ma con una differenza: non c’è un soggetto terzo, una banca, che possa impedire all’umanità di continuare a fare debiti. Spetta a noi stessi il compito di invertire la rotta, di abbandonare stili di consumo che ignorano il senso del limite e mortificano il concetto di sobrietà».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.