Sempre meno nascite e persone in età lavorativa: il grigio futuro dell’Italia nel ritratto delineato dall’Istat
Domina il grigio, nel ritratto dell’Italia di domani delineato dall’Istat. Un primo dettaglio che emerge, alla luce delle nuove previsioni sul futuro demografico del Paese aggiornate al 2023, è questo: la popolazione residente è in costante decrescita e se il trend verrà confermato passerà da circa 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,6 milione nel 2030, a 54,8 milione nel 2050, fino a raggiungere l’incredibile cifra di 46,1 milioni di residenti nel 2080. Secondo dettaglio, altrettanto allarmante: il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2023 a circa uno a uno nel 2050. Ultimo dettaglio, che completa il quadro a tinte fosche: con un’età media di 51,5 anni entro il 2050 (50,8 per l’Italia), nel Mezzogiorno ci sarà un processo di invecchiamento più rapido.
Tanto la fotografia quanto i suoi possibili futuri sviluppi emergono dal report appena diffuso dall’Istat sotto un titolo già piuttosto esplicativo: “Il Paese domani: crescerà lo squilibrio tra vecchie e nuove generazioni, aumenteranno le differenze”. L’indagine condotta dall’Istituto nazionale di statistica prevede inoltre che tra 20 anni ci sarà circa un milione di famiglie in più, che però saranno più frammentate: ci saranno meno coppie con figli, più coppie senza, e viene stimato che entro il 2043 meno di una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. Tra 20 anni, si legge inoltre, il 63% dei giovani (25-29 anni) vivranno con almeno un genitore, il numero medio di componenti per famiglia sarà di 2,08 e 4,1 milioni di persone di 75 anni e più saranno destinate a vivere da sole, ovvero 1,2 milioni in più di quelle registrate nel 2023 (con tutto che la popolazione complessiva, come detto, subirà una rilevante riduzione).
Dalle analisi effettuate dall’Istat emerge anche che si verificherà un aumento dello squilibrio tra vecchie e nuove generazioni. Si legge nel documento appena diffuso: «La struttura della popolazione residente è oggetto da anni di uno squilibrio tra nuove e vecchie generazioni, dovuto alla combinazione, tipicamente italiana, dell’aumento della longevità e di una fecondità costantemente bassa. Oggi il Paese presenta la seguente articolazione per età: il 12,4% degli individui ha fino a 14 anni di età; il 63,6% tra 15 e 64 anni; il 24,0% dai 65 anni di età in su. L’età media, nel frattempo, si è portata a 46,4 anni e ciò colloca l’Italia, subito dopo il Giappone, tra i leader mondiali sul versante della transizione demografica, insieme ad altri Paesi dell’area mediterranea (Portogallo, Grecia, Spagna) e alla Germania. Le prospettive future comportano un’amplificazione di tale processo». Va da sé, se il quadro è questo, che «l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo porsi l’obiettivo di fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani».
Tra le future trasformazioni demografiche evidenziate dall’indagine Istat, emerge poi un fattore relativo in special modo al sud: si legge infatti nel documento che ci sarà un processo di invecchiamento più marcato nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese. «Per quanto tale ripartizione geografica presenti ancora oggi un profilo per età più giovane, scrivono i ricercatori, l’età media dei suoi residenti transita da 45,5 anni nel 2023 a 51,5 anni nel 2050 (scenario mediano), sopravanzando sia il Nord, che nel medesimo anno raggiunge un’età media di 50,2 anni, sia il Centro che si attesta in quel momento a 51,1 anni».
Non sarà invece più evidente soltanto al sud un altro fattore che emerge dall’indagine: il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione faranno sì che aumenterà il numero delle persone sole.