In arrivo dal Governo circa 1 miliardo di euro per l’acqua, ma servirebbe 176 volte tanto
«La manutenzione. È questa la più grande opera pubblica di cui Italia ha bisogno e l'opera straordinaria di questo Paese», spiega Massimo Gargano, il dg dell’Anbi – l’associazione nazionale dei Consorzi di bonifica – nel corso dell'assemblea nazionale che si conclude oggi a Roma.
Eppure in Italia «la spesa pubblica per risarcire i danni provocati da alluvioni, frane e siccità è da sempre 10 volte superiore a quella impegnata per la prevenzione», sottolineano da Anbi.
Secondo un recente rapporto commissionato al Censis, negli ultimi 40 anni (1980-2022) i cambiamenti climatici hanno provocato danni in Italia per oltre 111 miliardi di euro; circa il 30% dei danni alle imprese, provocati da eventi estremi nell'Ue è stato pagato dall'Italia, dove un'impresa su quattro si trova in un territorio a rischio frane od alluvioni.
È però l'agricoltura, il cui 85% delle colture è irriguo, ad essere la più esposta alle conseguenze del cambiamento climatico (20 miliardi di euro in danni, stimati nel periodo 2022-2024 per siccità ed eventi alluvionali).
La crisi idrica è una minaccia per la coesione dell'intero Paese, in quanto amplifica i contrasti fra gli accresciuti portatori d'interesse sulla risorsa acqua (ambiente naturale, comunità civili ed economico-produttive, campo energetico, settore agricolo, ecc), pregiudicando lo sviluppo socio-economico dell'Italia, dove la spesa pubblica per risarcire i danni provocati da alluvioni, frane e siccità è da sempre 10 volte superiore a quella impegnata per la prevenzione.
Sono queste premesse allo scenario di un Paese, che vede minacciata, ad esempio, l'intera portualità al 2100 per l'innalzamento del mar Mediterraneo, col solo Veneto che rischia di perdere entro fine secolo il 21% del proprio Pil.
Per evitare simili scenari servono imponenti investimenti sull’adattamento dei territori, oltre che per portare avanti la transizione energetica verso efficienza e fonti rinnovabili, abbattendo rapidamente quanto drasticamente l’impiego di combustibili fossili.
Non a caso l’assemblea nazionale dell’Anbi è intitolata Quali scelte dopo il Pnrr, anche se sull’acqua è stato avaro di risorse anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza (per l’oro blu sono stati stanziati complessivamente 4,3 miliardi di euro su un plafond complessivo di 225 mld).
Il “dopo Pnrr” non sta andando molto meglio. La principale novità è il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pniissi) elaborato dal ministero delle Infrastrutture e ancora da approvare definitivamente: si tratta di un documento che racchiude 418 interventi (rispetto ai 773 richiesti dalle varie Regioni) per un importo totale di euro 12.004.184.074,95 euro, suddivisi tra invasi, derivazioni, adduzioni e acquedotti.
Il problema è che questi fondi non ci sono, per ora ne arriverà forse una piccola frazione. «Quello che sto cercando di fare sul tema dell'acqua – argomenta il ministro Salvini – è pianificare a medio e lungo termine per evitare di inseguire la perenne emergenza. Con la collaborazione dei consorzi di bonifica stiamo realizzando per la prima volta un piano strategico per la gestione dell'acqua a medio e lungo termine. Ci sono 418 progetti per 13 miliardi complessivi e il primo stralcio per i primi 73 progetti, entro luglio, per quasi un miliardo di investimenti, conto che possa essere finanziato».
Quindi arriverà meno di 1 mld di euro sui 12 richiesti dal ministero stesso, e si tratta solo di una frazione di quanto sarebbe davvero necessario ad alimentare tutti gli investimenti richiesti alla gestione complessiva dell’acqua: il Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, proposto dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa), vale infatti 176,5 mld di euro in 10 anni.
Eppure lo Stato continua a tenere fuori l’acqua dai bilanci pubblici. Basti osservare che è stata appena data attuazione a quanto previsto nel bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e nel bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, dove era stato istituito un apposito fondo della dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, al fine di finanziare la progettazione degli interventi di riefficientamento delle opere idrauliche: briciole.
«È un primo, concreto segnale – commenta Francesco Vincenzi, presidente Anbi, guardando al bicchiere mezzo pieno – della tanto auspicata, quanto indispensabile, nuova attenzione della politica verso le esigenze della rete idraulica del Paese, resa inadeguata dalla crisi climatica. Auspichiamo che, entro breve, sia pubblicato in Gazzetta ufficiale anche il decreto interministeriale di approvazione del nuovo Pniissi».
Ciò permetterà la disponibilità di uno stralcio attuativo di oltre 946 milioni di euro, messi a disposizione sul bilancio del ministero delle Infrastrutture: 73 i progetti ammessi a finanziamento, tra cui qui il maggiore importo riguarderà la Basilicata (113.716.000 euro) seguita da Sicilia, Lombardia e Veneto.
«È questa la strada da seguire – conclude Vincenzi – destinando i necessari investimenti pubblici a piani pluriennali per la migliore gestione di una risorsa di tutti: l'acqua; altrimenti, compressi fra l'esigenza di averne a disposizione in maniera continuativa e le conseguenze della crisi climatica, c'è il rischio che le risorse idriche diventino preda di grandi interessi finanziari».
La buona notizia è che, nonostante tutto, sarà l’Italia a realizzare il primo quanto prestigioso Forum Euromediterraneo dell’acqua, in agenda a Roma nel 2026, grazie agli sforzi profusi dal comitato promotore “One water”, che coinvolge l’intero sistema-Paese: dai Ministeri alla Regione Lazio al Comune di Roma, fino alle utility riunite in Utilitalia – a partire da Acea – a importanti associazioni come l’Anbi e la Fondazione Earth and water agenda (Ewa).
«È necessaria una strategia europea sui bacini e siamo riusciti a far sì che Roma possa essere un punto di riferimento per l'intera area del Mediterraneo, perché la questione non può essere affrontata solo a livello nazionale – dichiara nel merito il ministro Antonio Tajani – Ne abbiamo fatto una questione politica importante e aver ottenuto il Forum Euromediterraneo dell'acqua nel 2026 è una scelta che abbiamo fatto, perché riteniamo che il tema debba riguardare anche il Mediterraneo, dobbiamo fare in modo che anche attraverso l'utilizzo dell'acqua possa esserci crescita in politica internazionale».