Anche in Toscana il 2024 è stato l'anno più caldo mai registrato
In attesa dei dati conclusivi è già certo che l’anno appena chiuso è stato il più caldo mai registrato a livello globale, confermando il trend di continuo rialzo delle temperature a causa della crisi climatica in corso: la conferma è arrivata negli ultimi giorni del 2024 dalla World meteorological organization (Wmo) e ancora prima da Copernicus, il sistema di punta dell’Ue per l’osservazione della Terra. E in Toscana?
La nostra regione s’inserisce appieno in questa tendenza, confermando come sul territorio locale la crisi climatica avanzi ancora più rapidamente della media globale. «Il 2024 è stato in Toscana l'anno più caldo dal 1955 – spiega Giulio Betti, meteorologo del Consorzio Lamma – Il secondo più caldo è ora il 2022, il terzo il 2023. Il trend, dal 1955, mostra un aumento della temperatura media di 1,3 °C in 50 anni (1,8 °C su tutto il periodo)». Il tutto con effetti marcati anche sul ciclo dell’acqua.
Come già osservato su queste colonne da Bernardo Gozzini, amministratore unico del Lamma, i «periodi siccitosi e piovosi, in Toscana, sembrano compensarsi; infatti, il cumulato medio annuo non è mutato significativamente negli ultimi 70 anni (-8% in 50 anni). Tuttavia sta cambiando la distribuzione delle piogge con lunghi periodi di carenza idrica, alternati a brevi ma intensi periodi piovosi. In altre parole il ciclo dell’acqua è accelerato rispetto al passato. In futuro questa alternanza sembra aumentare. Quindi dobbiamo attrezzarci per ridurre il rischio durante i periodi molto piovosi e avere serbatoi di acqua durante le fasi siccitose.
È proprio la gestione della risorsa idrica la sfida più importante che ci pone l’emergenza climatica, perché sta cambiando il regime pluviometrico. A livello di precipitazione cumulata annuale e stagionale si hanno variazioni contenute, una leggera diminuzione sull’anno e un calo più consistente in primavera e estate, ma soprattutto è aumentata l’intensità con grandi quantitativi di pioggia in poco tempo. Dobbiamo lavorare per ridurre l’impatto e i danni conseguenti agli eventi estremi, imparare a trattenere quest’acqua realizzando invasi, casse di espansione, valutare la possibilità di ricaricare artificialmente le falde così da poter gestire al meglio i periodi siccitosi, che stanno diventando sempre più ricorrenti e sempre più persistenti».