Che fare dopo la tragedia all'Eni di Calenzano? Legambiente: «Bonificare e rinaturalizzare l’area»
La Procura di Prato ha avviato un’indagine dopo l’incidente al deposito carburanti dell’Eni di Calenzano, che ha provocato 5 morti e 29 feriti dopo l’esplosione del 9 dicembre; i reati ipotizzati, a ora contro ignoti – sottolinea l’Ansa – sono omicidio colposo, disastro e "rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro".
Gli inquirenti sono ora chiamati a chiarire la dinamica dei fatti ma, anche se sono stati scongiurati disastri sotto il profilo dell’inquinamento ambientale, oltre la tragedia resta una questione di fondo: che fare dell’impianto Eni?
Il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, ha già dichiarato di volergli dire addio, ma è difficile pensare che una realtà simile, ovvero un impianto a rischio incidente rilevante che occupa 170mila mq, possa semplicemente spostarsi da un’altra parte. Occorre piuttosto inquadrare il tema in un’ottica di transizione ecologica, ovvero di progressivo abbandono dei combustibili fossili per fare spazio a impianti e infrastrutture utili alla diffusione delle energie rinnovabili.
È la strada che suggerisce di percorrere Legambiente Toscana. Il Cigno verde regionale, oltre a unirsi al dolore e cordoglio di questi giorni, afferma senza mezzi termini che è cruciale garantire prioritariamente la sicurezza sui posti lavoro e mettere in opera, quanto più celermente possibile la bonifica e la rinaturalizzazione della Piana fiorentina per scongiurare il rischio che tragedie come queste si ripetano, considerando che solo in Toscana ci sono 56 impianti a rischio d’incidente rilevante (Rir) e quelli invece che rientrano nella procedura di autorizzazione integrata ambientale (Aia) sono più di 300.
«Oggi partecipiamo commossi e attoniti alla giornata di lutto regionale per la tragica scomparsa di Vincenzo, Carmelo, Davide, Gerardo e Fabio – dichiara Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana – Il nostro primo pensiero non può che andare alle loro vite interrotte e ai familiari. Ma dobbiamo aggiungere necessariamente che è altrettanto urgente reagire con coraggio e lungimiranza, affinché tragedie simili non abbiano a ripetersi. Mai più. Dobbiamo quindi ragionare, tutti assieme, in un’ottica di area vasta, per realizzare l’unica infrastruttura di cui questo ambito territoriale della nostra regione ha enorme bisogno: il Parco agroecologico della Piana. Un elemento ordinatore della pianificazione strutturale e strategica di tutta l’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, capace di bonificare, riqualificare e quindi ridare speranza a un intero territorio. E quindi a una comunità e a un popolo, ancora una volta feriti dall’incuria e dal degrado».