Al via la gara per gestire il termovalorizzatore di Montale, in attesa dei nuovi impianti di recupero
Il Consorzio intercomunale servizi (Cis) a capitale interamente pubblico dei Comuni di Agliana, Montale e Quarrata, che ha in capo la gestione dell'impianto di termovalorizzazione la cui conduzione è attualmente affidata alla società Ladurner, ha pubblicato un bando per cambiare pagina.
L’avviso pubblico riguarda infatti l’avvio di una gara per affidare a un nuovo soggetto la conduzione del termovalorizzatore, a partire dal prossimo anno. Entro il 6 settembre gli interessati dovranno effettuare un sopralluogo all’impianto, mentre il 31 ottobre è stato individuato come limite massimo per l’invio delle candidature: chi la spunterà dovrà garantire il posto di lavoro ai 28 dipendenti oggi in organico, mentre non sono previste modifiche alla struttura impiantistica oggi dotata di due linee di combustione.
La durata dell’affidamento da parte di Cis è previsto per tre anni più uno di eventuale proroga – dunque con scadenza tra fine 2027 e fine 2028 –, a fronte di un corrispettivo pari a 8,9 mln di euro l’anno.
Quello di Montale è uno dei soli quattro impianti di termovalorizzazione rimasti in Toscana, utili a ricavare energia da quei rifiuti che non è stato possibile avviare a riciclo: Livorno (oggi fermo in attesa di revamping, ma con chiusura prevista a fine 2027), Poggibonsi (dove Sienambiente ha in programma interventi di manutenzione straordinaria), San Zeno (con Aisa impianti che ha appena avviato investimenti da 24 mln di euro per realizzare una nuova linea di combustione) e appunto Montale.
In attesa che prenda corpo il Piano regionale dell’economia circolare in fase di approvazione definitiva, che scommette – senza sbilanciarsi in localizzazioni – sulla realizzazione di innovativi impianti come l’ossicombustore in progetto a Peccioli per puntare all’autosufficienza nella gestione di rifiuti urbani e speciali, i termovalorizzatori presenti sul territorio sono l’unico presidio rimasto prima delle discariche: senza di essi, come mostra plasticamente il caso livornese, i rifiuti non riciclabili passano solo come tappa intermedia dagli impianti di trattamento meccanico biologico (Tmb) per poi dirigersi a smaltimento.