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Piano toscano dell’economia circolare, localizzare o meno gli impianti? Questo il dilemma

 |  Editoriale

L’iter di approvazione di un Piano regionale di gestione dei rifiuti – in Toscana si parla oggi di Piano regionale dell’economia circolare (Prec) – è lungo e complesso. La Giunta presenta un Piano, il Consiglio lo discute e poi lo “adotta”. Si apre una fase di osservazioni sia sul Piano sia all’interno della procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas). La Giunta raccoglie tutte le osservazioni pervenute, le può accogliere (modificando il Piano), non accogliere, prenderne atto oppure considerarle non pertinenti. Il tutto torna in Consiglio per l’approvazione finale. Poi il piano va alla Commissione europea per il visto di congruità (senza questo niente finanziamenti europei).

Nella fase delle osservazioni il ministero per l’Ambiente e la sicurezza energetica (Mase) ha avanzato, fra le altre, una osservazione “strutturale”, una vera e propria bomba istituzionale. Cosa osserva il Mase?

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Un’osservazione che mette in discussione la “logica” che la Giunta regionale ha adottato per formulare il Piano: semplice stima dei fabbisogni impiantistici, rimando per la localizzazione finali di nuovi impianti alle Autorità di ambito (entro 180 giorni dalla approvazione finale del piano), sulla base dell’elenco dei 41 progetti presentati da privati nella fase di avviso pubblico preliminare al Piano, oppure individuando altri impianti. Secondo il Mase questa procedura “atipica” non è in linea con quanto dice il Testo unico ambientale all’articolo 199, comma 3 lettera g). Cosa dice questo comma?

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

Secondo il Mase una Regione deve indicare nel Piano (e non rinviare ad altri soggetti, tantomeno a soggetti privati) gli impianti necessari per chiudere i flussi in una logica di autosufficienza, almeno per i rifiuti indifferenziati. Cosa che la Regione Toscana non fa.

La Giunta regionale replica a questa osservazione accogliendola, ma nelle controdeduzioni ripercorre il suo ragionamento, giuridicamente molto complesso, ma opposto a quello del ministero. Insomma, accolgo l’osservazione ma rimango della mia idea.

Un conflitto giocato su una sottile linea interpretativa della legge (D. Lgs 152/06) e del Programma nazionale di gestione dei rifiuti (anch’esso una legge, del 2022). Una zona grigia che da anni appassiona gli analisti economici e giuridici del settore rifiuti urbani, caratterizzato da un “market design” assai incerto e approssimativo, quindi aperto a interpretazioni diverse.

L’argomento formale della Regione è: nel Piano ci metto solo gli impianti di smaltimento (autorizzati in D), tutti gli altri (incluso il recupero energetico) sono di mercato e non possono e non devono essere localizzati in un Piano regionale, perché autorizzati in R, perché rifiuti speciali, oppure perché espressamente dichiarati di mercato (i trattamenti dei flussi di raccolta differenziata). Così ci si ferma ai Tmb e alle discariche. Il resto è mercato e se proprio si devono individuare impianti minimi ci penseranno le Autorità di ambito.

L’argomento del ministero è sostanziale (e basato in parte sul senso del Pngr): gli impianti di chiusura del ciclo dell’indifferenziato (Tmb/Tm, inceneritori o simili, discariche) devono essere indicati nel Piano in modo puntuale (magari senza una localizzazione esatta) cosi da poter verificare, leggendo il Piano, l’autosufficienza impiantistica, che è l’obiettivo fondamentale del Piano stesso. In effetti, altrimenti a cosa serve un Piano?

Letteralmente sembra aver ragione la Regione Toscana, che argomenta con una lunga e articolata controdeduzione. Vedremo. Adesso il conflitto passa al Consiglio, dove l’opposizione annuncia battaglia a difesa degli argomenti del “loro” governo. Se poi il Piano dovesse essere approvato in forma definitiva, andrà alla Commissione europea, che potrebbe riprendere o meno le osservazioni del Governo. Nel frattempo il Governo potrebbe impugnare la legge regionale che approva il Piano.

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Andrea Sbandati

Andrea Sbandati è direttore generale di Confservizi Cispel Toscana, l’associazione regionale delle imprese di servizio pubblico. È esperto senior nella regolazione economica della gestione dei rifiuti urbani e dei servizi idrici (sistemi tariffari, piani industriali, benchmark), come nella organizzazione dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, trasporti, energia, altro). Ricercatore senior nel campo della gestione dei rifiuti e dell'acqua, docente in Master di specializzazione nella regolazione economica dei servizi ambientali locali (Sant'Anna, Turin school of regulation). Da venti anni coordinatore ed esperto di progetti di assistenza tecnica e cooperazione internazionale nei servizi pubblici locali (Medio Oriente, Africa, Sud America).