Navi mercantili, da pesca, diporto e presto campi eolici: all’Italia mancano gli schemi di separazione per il traffico navale
Nel Mediterraneo, purtroppo, i cosiddetti “schemi di separazione del traffico navale” non hanno avuto la stessa fortuna rispetto a quanto avviene ormai da lustri molti lustri nel Mare del Nord, prendendo le mosse dalla regola numero 10 dell’ormai lontano (1972) “Regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare”.
Così, pur riscontrandosi elevati flussi di traffico navale, specialmente lungo la congiungente Stretto di Gibilterra – Suez, l’istituzione di schemi di separazione di traffico navale (“Mandatory shipping routing”) non copre ancora i punti dove convergono i maggiori transiti navali, facilmente rilevabili con l’Ais e riportati in rete nei siti di settore, quali Marine Traffic, Vessel Finder, etc., in cui è possibile rilevare, istante per istante, la densità di traffico presente negli oceani e nei mari del mondo.
Naturalmente, con ci soffermiamo sul fatto che questi schemi di separazione sono stati previsti, in primis, quale ausilio per la sicurezza della navigazione quale criterio per evitare i rischi di collisione navale – sempre in agguato nonostante la grandezza delle superfici marine – ma vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che, nel medio periodo, le ampie superfici marine del nostro mare, oltre a sostenere giornalmente il passaggio incessante di navi mercantili (solo nello Stretto di Sicilia si ha una media ponderata non inferiore a 300 navi al minuto) unità da pesca e unità da diporto, ci saranno impianti offshore per lo sfruttamento dell’energia eolica e questi impianti, di proporzioni gigantesche (grandi quasi quanto la Torre Eiffel), occuperanno consistenti porzioni di superfici marine.
Le aree più interessate a questa tipologia di opere, inoltre, ricadranno nelle aree destinate ai grandi flussi di transito navale e ciò in conseguenza del fatto che la prima risorsa che occorre – il vento, appunto – spira più intensamente e con costanza proprio in queste zone trafficate di mare.
Pertanto, appare ragionevole, prima ancora di definire le aree da assegnare per la realizzazione dei campi eolici offshore, stabilire idonei e necessari schemi di separazione di traffico e farli approvare, tramite specifiche Risoluzioni, dall’organismi internazionale preposto allo shipping: l’Imo (International maritime organization), così come è stato fatto per l’Adriatico settentrionale nel 2007.
Procedure del genere richiedono tempi medio lunghi e, pertanto, occorrerebbe attivarsi prima possibile, attraverso i canali diplomatici: al proposito, in ambito Imo la l’Italia si avvale anche del supporto fornito da un attaché, che risponde direttamente all’Ambasciatore presso l’United Kingdom.