Campi Flegrei, dopo le scosse resta la paura: per il piano d’evacuazione serve di più
Sono oltre 150 i terremoti che continuano a scuotere l’area dei Campi Flegrei, dove è in corso uno sciame sismico che ha fatto registrare una scossa di magnitudo 4.4 – la più forte da quarant’anni e dunque la più intensa da quando nel 2005 è iniziata l’attuale crisi bradisismica –, seguita stamani da un’altra di magnitudo 3.6.
L’Osservatorio vesuviano dell'Ingv continua le attività di monitoraggio ma «la sismicità non è un fenomeno prevedibile, pertanto non può essere escluso che si possano verificare altri eventi sismici, anche di energia analoga con quanto già registrato durante lo sciame in corso», sottolinea l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
L’incertezza si traduce in paura, che ieri la popolazione campana ha riversato in strada affidandosi alle tendopoli messe in piedi a tempo record dalla Protezione civile insieme alle istituzioni. Ma il grande interrogativo cui resta da rispondere è cosa succederà davvero se e quando la soglia di allarme si alzerà ancora: un piano d’evacuazione è stato già predisposto nell’ambito della Pianificazione nazionale di emergenza per il rischio vulcanico, ma la cronaca di questi giorni solleva molti dubbi su come renderlo concretamente efficace.
«I dati che ci arrivano dall'Ingv – commenta il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi – dicono che non ci sono segnali di modifica del trend di questi mesi né sugli indicatori di sollevamento del suolo né sugli indicatori geochimici e questo è molto positivo. Noi adesso ci stiamo anche organizzando per creare un'area di eventuale accoglienza per chi ha paura di resta a casa e vuole trascorrere la notte fuori.
Questa è una fase che può continuare per mesi, per cui il tema è da un lato gestire la sicurezza degli edifici e ad oggi non rileviamo alcun danno significativo dall'altro convivere con questo fenomeno cercando di mantenere la normalità».
Una premessa è d’obbligo: i Campi Flegrei sono la più grande caldera urbanizzata attiva nel cuore del continente europeo, dove il bradisismo in corso causa il sollevamento del suolo, terremoti ed emissioni fumaroliche. E a partire dal 2012 gli studi sulla pericolosità sono stati utilizzati per definire gli scenari di accadimento eruttivo più probabili nell’area.
È ancora l’Ingv a spiegare che «anche se lo scenario con la più alta probabilità di accadimento è quello di una eruzione piccola (come avvenuto per l’eruzione di Monte Nuovo del 1538), come scenario di riferimento per la valutazione delle aree potenzialmente esposte ai diversi fenomeni durante una futura eruzione, è stato scelto quello relativo alla fase più intensa di una eruzione di scala media (tipo quella avvenuta ad Astroni 4000 anni fa). Su tale scenario è stata definita la pianificazione di emergenza e sono state individuate le aree esposte ai diversi tipi di pericoli (flussi piroclastici per la zona rossa, caduta di ceneri per la zona gialla)».
Un simile scenario presenta però un livello di complessità enorme, dato che solo la zona rossa – dove in caso di allarme l’evacuazione preventiva, da realizzarsi in 72 ore, è l’unica misura di salvaguardia per la popolazione – ricadono 7 Comuni dove abitano circa 500mila persone: i Comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, oltre a parte dei Comuni di Giugliano in Campania e Marano di Napoli e infine alcuni quartieri di Napoli; la zona gialla, invece, racchiude altri 7 Comuni dove vivono 800mila persone.
Per affrontare la crisi in corso e i possibili scenari, nell’ottobre del 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto per le misure urgenti di prevenzione del rischio sismico connesso al bradisismo nell'area dei Campi Flegrei, ma è evidente la necessità di maggiori azioni da parte del Governo per calarlo concretamente sui territori. A partire dal Consiglio dei ministri di oggi... si può fare di più.