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Il Tar Liguria affonda il decreto del Governo sulle concessioni, niente proroghe al 2027
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Il decreto legge 131 del 2024 del Governo Meloni che, con l’assenso della Commissione europea, avrebbe stabilito al 30 settembre 2027 la proroga delle concessioni balneari è stato appena affondato dal Tar Liguria, con una sentenza in merito al ricorso presentato da tre bagni di Zoagli (GE) nei confronti della locale Giunta comunale, che aveva confermato la scadenza delle concessioni a fine 2023.
«Non vale ai titolari invocare un accordo tra lo Stato italiano e la Commissione europea – si legge nella sentenza, riportata per stralci da La Repubblica – secondo cui le Amministrazioni avrebbero l’obbligo di prorogare le concessioni balneari sino al settembre 2027: e ciò sia perché non risulta esistente un documento scritto racchiudente tale patto; sia in quanto, in ogni caso, un simile accordo non potrebbe prevalere sul dictum (la pronuncia, ndr) della Corte di Giustizia in ordine all’incompatibilità unionale del rinnovo automatico delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, essendo la Curia europea (La Corte di giustizia dell'Unione europea) l’organo deputato all’interpretazione autentica del diritto eurounitario, con effetti vincolanti sia nei confronti delle autorità nazionali che delle altre istituzioni dell’Unione».
Si tratta di una smentita verso il Governo, che lo scorso settembre affermava: «La collaborazione tra Roma e Bruxelles ha consentito di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato delle concessioni e l’opportunità di tutelare le legittime aspettative degli attuali concessionari».
E adesso? Secondo il Tar Lazio «le concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative, beneficiarie di plurime proroghe ex lege, hanno cessato i loro effetti in data 31 dicembre 2023, sicché le nuove assegnazioni devono avvenire mediante selezioni imparziali e trasparenti tra i potenziali candidati, ai sensi della cosiddetta Bolkestein». Una grana non da poco per il Governo, con l’estate ormai in vista. Ma il mondo balneare sin da subito non ha apprezzato gli sforzi propagandati invece dall’esecutivo Meloni.
A prima vista il decreto sembrava l’ennesimo, secco rinvio della mai applicata direttiva Bolkestein, che dal 2006 impone di aprire alla concorrenza le concessioni balneari, il cui mancato rispetto ha portato nel 2020 all’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia. Ma di fatto lo stesso decreto ha riconosciuto che le oltre 12mila concessioni demaniali per stabilimenti balneari dovranno essere messe a gara, per una durata da 5 a 20 anni, e se ha esteso la durata di quelle in essere fino al settembre 2027 (con possibili ulteriori slittamenti fino a marzo 2028), ha dato anche facoltà ai singoli Comuni di anticiparle; del resto l’iter è già concluso o in corso da Castiglione della Pescaia al Veneto all’Emilia-Romagna. Molti altri, soprattutto dopo la sentenza del Tar Liguria, seguiranno questa linea.
La vera urgenza, adesso, è dunque predisporre in tempi brevi dei Piani spiagge comunali – del resto è ai Comuni che il Governo ha di fatto lasciato in mano il cerino, come già spiegava sulle nostre pagine Sebastiano Venneri di Legambiente – che sappiano tenere insieme la frubilità delle spiagge libere e la possibilità di ricavare canoni concessori adeguati dagli stabilimenti balneari. È il momento di ricordarci che le spiagge sono beni naturali pubblici per definizione, un patrimonio straordinario dello Stato.
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