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Il Cmcc: prepararsi all’aumento degli eventi estremi, in aree a rischio il 12% degli europei

Il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici evidenzia che a causa del riscaldamento globale le alluvioni potrebbero moltiplicarsi e ciò esporrebbe ogni anno in Europa entro la fine del secolo fino a 484.000 persone alle inondazioni fluviali e fino a 2,2 milioni alle inondazioni costiere
 |  Prevenzione rischi naturali

Quanto avvenuto lo scorso fine settimane in Toscana ed Emilia Romagna non è né casuale, né un dato isolato. I dati scientifici confermano un marcato peggioramento degli eventi estremi legati alle precipitazioni in Europa, con impatti demografici e infrastrutturali crescenti. Le proiezioni indicano che a causa del riscaldamento globale le alluvioni potrebbero moltiplicarsi e questo aumento esponenziale esporrebbe entro la fine del secolo fino a 484.000 persone alle inondazioni fluviali e fino a 2,2 milioni alle inondazioni costiere ogni anno.

I fattori aggravanti includono la combinazione di innalzamento marino, ridotta capacità dei suoli di trattenere acqua e urbanizzazione in aree vulnerabili. Gli impatti socioeconomici saranno significativi, con possibili cali demografici in alcune regioni a causa della carenza idrica e necessità di investimenti miliardari in difese idrauliche per le città costiere. Inoltre, si stima un aumento dei decessi legati a eventi climatici, con l'Italia tra le aree più colpite.

Per affrontare queste sfide, il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) propone un approccio integrato basato su modelli predittivi avanzati, che combinano simulazioni climatiche ad alta risoluzione con dati storici per mappare scenari regionali. Questo approccio include anche la promozione di soluzioni ibride, come infrastrutture verdi e sistemi di allarme precoce con intelligenza artificiale. Inoltre, è fondamentale il collegamento tra competenze locali e framework normativi continentali per una gestione efficace degli eventi estremi.

Le analisi evidenziano una finestra temporale critica: il 60-70% degli eventi estremi previsti per il 2100 potrebbe manifestarsi già entro il 2050, rendendo urgente accelerare gli interventi di mitigazione e pianificazione della resilienza.

Il Cmcc evidenzia in particolare i seguenti fattori, con cui bisogna fare i conti:

  • Il 12% delle persone che vivono in Europa risiede in aree che possono essere soggette a inondazioni fluviali.
  • Le precipitazioni estreme sono aumentate dagli anni '50, soprattutto nell'Europa settentrionale e centrale. Tra il 1980 e il 2022, in Europa sono stati registrati 5.582 decessi legati alle inondazioni.
  • Le inondazioni in Europa nel 2023 hanno colpito 1,6 milioni di personee causato circa l'81% dei danni economici in quell'anno dovuti agli impatti climatici nella regione.
  • Eventi di inondazione più frequenti ed estremi, viene ribadito, potrebbero esporre fino a 484.000 persone a inondazioni fluviali e fino a 2,2 milioni a inondazioni costiere in Europa su base annua entro la fine del secolo, secondo lo scenario climatico a più alte emissioni.
  • In Emilia-Romagna, a metà maggio 2023, sono caduti 6 mesi di pioggia in soli 1,5 giorni, portando 23 fiumi a rompere gli argini.
  • Secondo gli esperti del CMCC, le temperature più calde sono, almeno in parte, responsabili dell'aumento delle precipitazioni, poiché ogni aumento di grado Celsius della temperatura atmosferica porta a un 7% in più di vapore acqueo contenuto nell'atmosfera, che viene poi rilasciato sotto forma di precipitazioni.

Il Cmcc, che fornisce assistenza nella pianificazione per gli eventi estremi di precipitazione su scala stagionale e a breve termine, attraverso progetti di ricerca all'avanguardia che utilizzano modelli numerici, tecniche di machine learning e intelligenza artificiale, segnala anche che le inondazioni possono anche aumentare il rischio di inquinamento: quasi il 15% degli impianti industriali in Europa è situato in aree potenzialmente soggette a inondazioni fluviali; per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane la percentuale è del 36%.

Poiché si prevede che i cambiamenti climatici aumenteranno il rischio di inondazioni costiere e fluviali in Europa, la delocalizzazione pianificata è sempre più considerata una misura preventiva per ridurre l'esposizione delle persone ai disastri e ai cambiamenti ambientali, aiutandole ad allontanarsi definitivamente dalle aree ad alto rischio. Considerati gli impatti potenzialmente negativi che può avere sulle comunità trasferite e i suoi alti costi finanziari, la delocalizzazione è spesso considerata un'opzione di ultima istanza, quando la protezione dei sistemi socio-ecologici non sembra più possibile né dal punto di vista tecnico, né da quello sociale, né da quello economico.Dal 2003, la regione Piemonte sta sperimentando una politica di delocalizzazione anticipata per gli edifici residenziali a rischio idrogeologico. I proprietari di immobili residenziali possono partecipare a un programma di acquisto volontario e trasferirsi in aree più sicure all'interno della stessa provincia, usufruendo di finanziamenti pubblici.Quando gli edifici non possono essere trasferiti a causa del loro valore storico o sociale o per la particolare configurazione dell'assetto urbano, la normativa regionale sovvenziona misure di riduzione della vulnerabilità. La politica di delocalizzazione anticipata del Piemonte è un caso unico in Italia e probabilmente in Europa, dove questa misura rimane in gran parte inquadrata come una risposta reattiva e ad hoc in contesti post-catastrofe.

«Il cambiamento climatico non è solo una questione globale, ma anche profondamente locale», spiega Johannes Emmerling, senior scientist del Cmcc e coautore di uno studio sugli impatti del cambiamento climatico che si concentra specificamente sulla disuguaglianza all'interno dei Paesi.

«Abbiamo scoperto che il potenziale impatto degli eventi meteorologici estremi sul Pil è in media quasi nullo per il 10% più ricco dei Paesi. Questo perché le assicurazioni e le diverse opzioni di adattamento sono più facilmente disponibili e accessibili per le famiglie più abbienti», afferma Emmerling, il cui studio mostra che per ogni 1% in più di reddito, i danni climatici diminuiscono di circa lo 0,4%.

«Il cambiamento climatico non solo aumenta la disuguaglianza, ma l'aumento della disuguaglianza aggrava molti degli impatti sulla società indotti dal cambiamento climatico attraverso una maggiore esposizione e vulnerabilità», afferma l'autore principale dello studio e scienziato del Cmcc Shouro Dasgupta, la cui ricerca sostiene l'importanza di indagare gli effetti distributivi del cambiamento climatico a livello locale.

Redazione Greenreport

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