Skip to main content

Mancano però sia il decreto attuativo, sia i necessari investimenti dello Stato sulla prevenzione

Catastrofi naturali, le imprese vogliono rimandare ancora l’obbligo di assicurazione ma il Governo resiste

Resta la deadline del prossimo 31 marzo, nonostante le proteste di Cna, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti e Confcooperative
 |  Prevenzione rischi naturali

«Con il mancato accoglimento degli emendamenti in materia, presentati al decreto Milleproroghe, resta confermato il termine del 31 marzo 2025 per adempiere all’obbligo di stipula di polizze contro i rischi catastrofali e le calamità naturali da parte della generalità delle imprese italiane. Dunque, quasi quattro milioni di imprese – micro, piccole, medie e grandi – avrebbero a disposizione poco più di un mese per sottoscrivere polizze di particolare complessità, per le quali si è, peraltro, ancora in attesa della pubblicazione in Gazzetta del previsto decreto attuativo».

Inizia così la nota congiunta pubblicata ieri dalle associazioni d’impresa Cna, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti e Confcooperative, in protesta per l’obbligo di assicurazione introdotto oltre un anno fa dalla legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), quando la deadline era prevista dal 1 gennaio 2025, data poi slittata al 31 marzo 2025 proprio col decreto Milleproroghe.

Nonostante i rinvii già accordati, le imprese ritengono adesso «una tempistica impraticabile» quella del 31 marzo, e chiedono che il Governo intervenga «in sede di maxi-emendamento prevedendo una proroga adeguata, anche in considerazione dell’emendamento di proroga al 31 dicembre 2025 intanto approvato in Commissione per i soli settori della pesca e dell’acquacoltura».

Si scontrano così due inazionismi, quello delle imprese da una parte e quello del Governo – che in effetti non ha ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto attuativo necessario a chiarire gli ambiti applicativi della norma –, ma con l’esecutivo che prova a resistere: da Diac – Diario infrastrutture e ambiente costruito segnalano che non c’è nessun rinvio ulteriore all’orizzonte, dato che «il pressing di maggioranza e opposizioni che avevano presentato emendamenti per ottenere uno slittamento dei termini si è scontrato contro il muro del Governo. A seguito del parere negativo del Mef, le proposte di modifica sono state ritirate e respinte» e si attende ora il decreto attuativo.

Ma il clima politico e sociale resta infuocato. Inutile dire che adesso l’ipotesi ventilata lo scorso settembre dal Governo di estendere l’obbligo di assicurazione contro i rischi naturali anche sulle case appare fantascienza.

Eppure, enorme ma non visto, resta nella stanza il solito elefante da affrontare: la crisi climatica. Dal rapporto Climate Risk Index 2025, pubblicato due giorni fa dall’organizzazione ambientalista Germanwatch, emerge il conto sempre più salato – in termini economici, ma soprattutto di perdita vite umane – che sta imponendo l’avanzata del cambiamento climatico. L’Italia spicca come quinto Paese al mondo nella triste classifica degli Stati più colpiti dalla crisi climatica, con 38mila morti (soprattutto nel 2003 e nel 2022) e danni per 60 miliardi di dollari negli ultimi 30 anni.

È paradossale che, in questo contesto, l’Italia sia dopo la Grecia il Paese europeo con il più ampio divario tra l’esposizione alle calamità naturali e l’entità della relativa copertura assicurativa. Introdurre l’obbligo di assicurazione è dunque un esercizio di buon senso, anche se è altrettanto evidente che un obbligo da solo non può bastare; la dimostrazione plastica arriva dagli Usa, dove più compagnie hanno già iniziato a sospendere la vendita di nuove polizze a causa dei costi astronomici dei rimborsi, gonfiati dai eventi meteo estremi – a partire dalle alluvioni – sempre più violenti; dove non vengono sospese, le assicurazioni contro le alluvioni propongono polizze sempre più esose, tagliando fuori dal mercato i clienti più poveri, che incidentalmente sono anche quelli più esposti a maggiori perdite in caso di catastrofi naturali.

L’obbligo assicurativo, per quanto utile, in altre parole non può trasformarsi in un disimpegno da parte dello Stato. Ma il Governo Meloni per ora continua a dosare col contagocce le risorse in prevenzione.

Basti osservare che nel novembre scorso il ministro Pichetto ha predisposto lo stanziamento di 280 mln di euro contro il dissesto idrogeologico, ancora una volta di una goccia nel mare: per fare davvero i conti con l’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.