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Il 31 marzo scatterà l’obbligo assicurativo per le imprese

In Ue solo la Grecia fa peggio dell'Italia sulle assicurazioni contro le catastrofi naturali

De Polis (Ivass): «L’Italia ha visto negli ultimi anni un aumento della frequenza e della gravità di eventi metereologici estremi dovuti al cambiamento climatico»
 |  Prevenzione rischi naturali

Nell’ultimo anno sono stati 351 gli eventi meteo estremi che si sono abbattuti lungo lo Stivale, con un incremento del 485% in appena un decennio. Eppure le coperture assicurative contro i rischi naturali sono ancora misconosciute, come emerso nei giorni scorsi dall’intervento di Stefano De Polis – in qualità di segretario generale Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – all’Università degli studi di Padova.

«L’Italia, da sempre esposta a rischi sismici ed idrogeologici, ha visto negli ultimi anni un aumento della frequenza e della gravità di eventi metereologici estremi dovuti al cambiamento climatico. Ne siamo tutti testimoni – sottolinea De Polis – Nonostante queste evidenze, dalle rilevazioni dell’Eiopa emerge che siamo, dopo la Grecia, il Paese europeo con il più ampio divario tra l’esposizione alle calamità naturali e l’entità della relativa copertura assicurativa. Le statistiche dell’Ivass confermano che solo una percentuale ridotta dei premi dei rami danni – essa stessa modesta nel confronto europeo e internazionale – si riferisce alla protezione contro i rischi fisici».

Come mai? Dal lato della domanda, De Polis snocciola diversi elementi che possono spiegare la diffidenza del pubblico nell’acquistare protezione assicurativa: bassa consapevolezza dei rischi; scarsa conoscenza dei prodotti assicurativi; complessità contrattuali; percezione di prezzi elevati; il peso dell’aspettativa (di fatto errata, visto che i rimborsi si fermano al 10% dei danni da frana e alluvione) dell’intervento pubblico risarcitorio delle perdite da catastrofi naturali.

Altrettanti sono i problemi dal lato dell’offerta: eventi rari ma di grande impatto possono generare perdite rilevanti e molto concentrate; la modellazione di questi rischi estremi è complessa, soprattutto nel contesto attuale di cambiamento climatico; in presenza di ridotta mutualità e di situazioni di selezione avversa, l’offerta di coperture si presenta tecnicamente complessa spingendo le compagnie a incrementare sensibilmente i prezzi, con ripercussioni sulla domanda.

«È chiaro che colmare questo protection gap richiede uno sforzo comune da parte del legislatore, delle Autorità, dei cittadini», osserva nel merito De Polis. E sotto alcuni di questi profili, il 2025 porta con sé alcune importanti novità.

La prima è l’obbligo per tutte le imprese di stipulare un’assicurazione contro i danni da calamità naturali ed eventi catastrofali, per terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali iscritti a bilancio. Introdotto dalla legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), l’obbligo era previsto già da inizio anno ma è poi slittato al 31 marzo 2025 col decreto Milleproroghe. La seconda è che il Governo resta al lavoro per estendere l’obbligo di assicurazione contro i rischi naturali anche sulle case.

Ma in entrambi i casi è evidente che un obbligo da solo non può bastare; la dimostrazione plastica arriva dagli Usa, dove più compagnie hanno già iniziato a sospendere la vendita di nuove polizze a causa dei costi astronomici dei rimborsi, gonfiati dai eventi meteo estremi – a partire dalle alluvioni – sempre più violenti; dove non vengono sospese, le assicurazioni contro le alluvioni propongono polizze sempre più esose, tagliando fuori dal mercato i clienti più poveri, che incidentalmente sono anche quelli più esposti a maggiori perdite in caso di catastrofi naturali.

L’obbligo assicurativo, per quanto utile, in altre parole non può trasformarsi in un disimpegno da parte dello Stato. Ma il Governo Meloni per ora continua a dosare col contagocce le risorse in prevenzione.

Redazione Greenreport

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