L’indagine dell’Università del Massachusetts: le soluzioni basate sulla natura scelta migliore per mitigare i rischi da cambiamento climatico
Le cosiddette «soluzioni basate sulla natura» sono un metodo economicamente efficace per mitigare i rischi provocati da calamità naturali quali inondazioni, uragani e anche ondate di calore e frane. Calamità che non potranno che intensificarsi se la temperatura media della Terra continuerà ad aumentare. È quanto si legge in un’indagine condotta dai ricercatori dell’Università del Massachusetts Amherst.
L’argomento è dibattuto da molti anni a livello globale e da circa un decennio viene affrontato in modo approfondito in seno all’Unione europea. Nel 2015, infatti, la Commissione Ue definiva per la prima volta significato e ruolo delle Nature based solutions (Nbs), cioè quell’insieme di azioni copiate dalla natura utili per «perseguire obiettivi quali l’incremento della sostenibilità dei sistemi urbani, il recupero degli ecosistemi degradati, l’attuazione di interventi adattivi e di mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della gestione del rischio e l'implementazione della resilienza».
Le Nbs vengono applicate o in combinazione o come alternativa alle soluzioni basate sull'ingegneria: per esempio, per impedire un’inondazione si può lavorare al ripristino delle zone umide, invece di costruire una diga. Ma se queste soluzioni sono ormai riconosciute all’interno di molteplici accordi quadro internazionali finalizzati a combattere il cambiamento climatico, «la conoscenza scientifica sul rapporto costo-efficacia è limitata», fa notare l’assistant professor di Economia e politiche pubbliche presso l’Università del Massachusetts Marta Vicarelli: «I nostri risultati indicano che non solo le Nbs sono economicamente efficaci nel mitigare i rischi, ma che i loro benefici sono ancora sottostimati», spiega la principale autrice dello studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Science of the Total Environment.
I ricercatori dell’università del New England hanno condotto un’accurata indagine su un’ingente mole di articoli scientifici, oltre 20 mila, dalla quale è risultato che le Nbs si sono dimostrate «un approccio costantemente conveniente per mitigare i rischi da calamità nel 71% dei casi». Degli studi che hanno confrontato le NbS con le soluzioni basate sull’ingegneria, si legge inoltre nel resoconto dell’indagine condotta dai ricercatori statunitensi, «il 65% ha riscontrato che le prime sono sempre più efficaci nel mitigare i rischi e il 24% parzialmente più efficaci. Nessuno studio ha riscontrato che le NbS sono meno efficace delle soluzioni ingegneristiche».
Questo aspetto positivo dal punto di vista economico si andrebbe tra l’altro ad aggiungere al valore degli ulteriori benefici ambientali e anche sociali prodotti dalle Nbs, come il mantenimento della biodiversità e il sostegno alle comunità svantaggiate. Questi altri vantaggi delle NbS «sono ampiamente sottostimati perché difficili da quantificare», spiega la professoressa Vicarelli. «Come dovremmo valutare i miglioramenti nella qualità dell’aria o nella qualità del suolo? Come dovremmo valutare la protezione di una specie in via di estinzione o l’aumento complessivo della biodiversità dopo l’attuazione di una Nbs? E come stimare il valore culturale o addirittura spirituale di un bene ambientale? Queste valutazioni richiedono tecniche di valutazione complesse e potenzialmente costose. Per questo motivo, i vantaggi aggiuntivi delle Nbs sono spesso poco studiati e sottovalutati». Ma ci sono, emerge dall’indagine della UMass Amherst. Che però sottolinea anche un aspetto della questione tutt’altro che positivo: allo stato attuale, le principali Nbs sono state finanziate soprattutto dal settore pubblico, anche quando gli interventi hanno coinvolto la proprietà privata. «Affinché queste soluzioni abbiano un impatto veramente globale – osserva Vicarelli – sono necessari finanziamenti aggiuntivi e una quota significativa deve provenire dal settore privato».