Decreto Agricoltura, Wwf contro: a rischio investimenti da 80 mld di euro sulle rinnovabili
Il decreto legge Agricoltura sta affrontando l’iter parlamentare per la conversione in legge, ma se verrà mantenuto nella sua versione attuale avrebbe «preoccupanti impatti» sia sugli obiettivi della transizione energetica sia su quelli di tutela ambientale.
Per provare a evitare questa deriva, il Wwf ha inviato ieri alla IX Commissione del Senato le proprie osservazioni e proposte emendative, ma non ha potuto illustrarle in dettaglio ai senatori: «La Commissione ha ritenuto di dover ascoltare un altissimo numero di portatori di interessi particolari, ma pochissimi portatori di interessi generali come le associazioni ambientaliste», spiegano dal Panda nazionale.
Nel merito il Wwf ha «chiesto la soppressione (o in subordine una sostanziale modifica) dell’art. 5 della decreto-legge che vieta di fatto l’installazione di impianti fotovoltaici a terra in tutte le aree agricole», persino in aree già qualificate come “aree idonee” (ad esempio i siti oggetto di bonifica).
La norma, riducendo le opportunità di multifunzionalità delle aziende agricole, rappresenta infatti «una significativa penalizzazione per gli agricoltori, privati della possibilità di diversificare le proprie fonti di reddito». Il contrario della vulgata espressa dal Governo Meloni, che ha dipinto il provvedimento come uno strumento a tutela del settore primario.
Anzi: per il Wwf «fotovoltaico e agricoltura possono e devono convivere in modo sostenibile», dato che con le tecniche adeguate «l’istallazione di impianti fotovoltaici a terra non comporta “consumo” di suolo, ma “occupazione” di suolo», temporanea e non irreversibile (come invece avviene con le infrastrutture e l’urbanizzazione).
In questa prospettiva, l’associazione ambientalista sottolinea come sia «paradossale» che si vieti il fotovoltaico a terra, mentre la legge sul consumo di suolo resta nei cassetti, nel disinteresse di Governo e Parlamento.
Il decreto Agricoltura determina poi un «ingiustificato freno» allo sviluppo delle energie rinnovabili e alla transizione energetica, vanificando tutte le politiche di pianificazione e razionalizzazione normativa per le fonti rinnovabili degli ultimi anni e portando un danno agli operatori del settore: si parla di «più di 40 miliardi di euro di investimenti ad oggi programmati in Italia da imprese italiane e straniere, potenzialmente destinati a raddoppiare in vista del raggiungimento degli obiettivi Fer al 2030».
Si tratta di una posizione che unisce le istanze degli ambientalisti con quelle delle industriali di settore; l’associazione confindustriale Elettricità futura, che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale, ha evidenziato che per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia alla Cop28 di Dubai di «triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW), servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, evitando ovviamente le aree agricole di pregio. Eliminare totalmente le aree agricole, però, mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione», sottolinea il Wwf.
Occorrono infatti impianti utility-scale, di grande estensione, per raggiungere i target e farlo in modo economicamente sostenibile. I terreni per farlo non mancano: basti osservare che ad oggi appena lo 0,13% delle superfici agricole è occupato dai pannelli solari.
Il Governo, peraltro, è chiamato ad approvare entro giugno 2024 il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), dopo che la prima versione avanzata dal Governo Meloni è stata sonoramente bocciata per la sue scarse ambizioni dalla Commissione europea (oltre che dell’Ocse e dalle associazioni ambientaliste), e dovrà dunque essere aggiornata.
Eppure già nella prima versione del testo condivisa con Bruxelles, il Governo «si è già impegnato – conclude il Wwf – a semplificare l’iter autorizzativo per le rinnovabili e a quadruplicare entro il 2030 l’obiettivo di crescita della potenza Fer derivante da fonte solare (79.921 MW al 2030, rispetto ai 21.650 MW installati nel 2020)». Un approccio schizofrenico che ha come unica conseguenza quella di imporre un freno per decreto allo sviluppo delle rinnovabili, senza neanche tutelare l’agricoltura.