Geotermia, l’Università di Pisa al lavoro per ricavare «energia semi-infinita» dal magma
Per la prima volta, grazie ad innovative tecniche di geodesia satellitare, scienziati e scienziate dell’Università di Pisa sono riusciti a studiare il magma a profondità sinora mai esplorate per capire come si muove e come risale verso la superficie.
I risultati, incentrati sulla rift valley dell’Africa orientale, sono stati appena pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature communications, grazie agli sforzi congiunti messi in campo dall’Ateneo toscano insieme a colleghi da Islanda, Cina, Francia e Regno Unito.
Il magma può essere utilizzato come fonte di «energia semi-infinita», ma per farlo è prima necessario capire dove si trova sotto i nostri piedi e come si muove.
«La possibilità di ricavare energia dal magma è una opportunità concreta allo studio in paesi come l’Islanda – spiega la ricercatrice Carolina Pagli – per misurare i movimenti millimetrici della superficie terrestre la tecnica principale che abbiamo usato è l’Interferometric Synthetic Aperture Radar (InSAR) che abbiamo combinato con il sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) per avere una visione a tre dimensioni dei movimenti della crosta terrestre».
Il monitoraggio satellitare è durato dal 2014 al 2021 e ha riguardato il rift dell’Afar, una depressione nel Corno d’Africa tra Stato di Gibuti, Eritrea, Somalia ed Etiopia dove si trova il punto più basso del continente africano. I risultati hanno rilevato un sollevamento della crosta terrestre di circa 5 mm/anno rivelando la comune origine di fenomeni in superficie molto distanti fra loro.
«Nel nostro studio abbiamo dimostrato come l’apporto di magma nella crosta avvenga ad impulsi, in luoghi diversi ma contemporaneamente – spiega il ricercatore Alessandro La Rosa – nello specifico l’afflusso di magma è avvenuto simultaneamente in quattro diversi luoghi, distanti decine di km e a profondità comprese tra 9 e 28 km, causando il sollevamento della superficie su una zona larga circa 100 km».
E l’Italia? Ad aprile Ambrosetti ha calcolato il potenziale di sviluppo della geotermia in base alle tecnologie già note, senza avventurarsi in ipotetici impieghi diretti dell’energia magmatica: ipotizzando che l’Italia riesca a valorizzare anche solo il 2% del potenziale presente in tutto il territorio italiano nei primi 5 km di profondità del sottosuolo (pari a 2.900 TWh, ovvero il quintuplo dell’intero fabbisogno energetico nazionale), la geotermia potrebbe contribuire al 10% della produzione elettrica prevista al 2050.
Già oggi le centrali geotermoelettriche attive in Toscana generano tanta elettricità rinnovabile da equiparare il 34% della domanda regionale. Mentre l’Europa è al lavoro per sostenere un sempre maggior uso delle risorse geotermiche, anche la Regione Toscana punta adesso raddoppiare la produzione di energia da geotermia, e ha l’opportunità di avviare questo percorso entro il 30 giugno: per allora, infatti, l’attuale gestore delle centrali (Enel green power) è chiamato a proporre un piano d’investimenti che può valere un rinnovo ventennale delle concessioni minerarie che sottendono la coltivazione della geotermia.