Comuni rinnovabili, Legambiente: a questo ritmo l’Italia raggiungerà gli obiettivi 2030 nel 2046
Dopo quasi un decennio di pausa le installazioni di nuovi impianti rinnovabili hanno ripreso a crescere in Italia, con 5,7 GW entrati in esercizio nel corso del 2023 – quasi esclusivamente fotovoltaico (5,23 GW) e seguito dall’eolico (487 MW) – e altri 2,3 GW arrivati nel primo quadrimestre di quest’anno.
Si tratta però di un ritmo ancora molto blando rispetto a quello richiesto per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, stimato dalla confindustriale Elettricità futura in circa +12 GW/anno.
Una lentezza messa oggi in evidenza dalla 19esima edizione del rapporto Comuni rinnovabili di Legambiente, elaborato con la partnership del Gse a partire dai dati Terna.
Come spiegano dal Cigno verde, infatti, stando alla «media delle installazioni degli ultimi tre anni, l’Italia con questo ritmo solo nel 2046 – con ben 16 anni di ritardo rispetto al 2030 – raggiungerà il 100% degli obiettivi e riuscirà a soddisfare la quota di 90 GW di potenza rinnovabile installata», allontanando così i benefici economici e ambientali garantiti dalla transizione ecologica.
Dal nord al Sud della Penisola le rinnovabili sono ormai presenti in quasi tutti i comuni italiani, ossia in 7.891 amministrazioni comunali su un totale di 7.896, ma la spinta alla transizione che arriva dal basso non ha una politica di riferimento che sappia coordinarla.
«L’immobilismo della classe politica sul fronte delle rinnovabili emerge in maniera trasversale – commenta nel merito Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Il Governo continua a incoraggiare politiche pro-fossili e pro-nucleare, distogliendo l’attenzione su rinnovabili, accumuli, efficienza e reti, su cui serve un piano strutturato con norme chiare e tempi certi di realizzazione. Nel 2022, l’Italia ha speso oltre 52 miliardi di euro per sostenere le fossili e le misure contenute nei vari decreti emergenza varati sui temi energetici, mentre le risorse pubbliche e private che servirebbero per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 continuano a rimanere al palo».
Nel Paese, in sintesi, c’è un grande fermento che parte dal basso e che vede protagoniste tantissime imprese, ma spesso è frenato dalla lentezza degli iter amministrativi, ostacoli normativi e culturali, norme obsolete.
Troppi, infatti, ancora i progetti fermi, in attesa di valutazione da parte del ministero dell’Ambiente o a causa dell’ostracismo del ministero della Cultura attraverso le Soprintendenze. A pesare è anche la politica del Governo Meloni su gas e nucleare, insieme a blocchi trasversali, come ad esempio il caso della moratoria in Sardegna, le contestazioni locali e i ritardi nelle valutazioni e nelle autorizzazioni da parte delle Regioni.
Per questo Legambiente indica oggi al Governo Meloni sette priorità di intervento: un testo unico sulle autorizzazioni per i nuovi impianti; una cabina di regia nazionale che insieme alle Regioni sia struttura di riferimento unica per le imprese e i cittadini; accelerare il processo di definizione delle aree idonee; seguire l’esempio della Francia, approvando subito una norma che obblighi alla realizzazione di impianti solari fotovoltaici su parcheggi, coperture di supermercati e mercati, ma anche ex cave in disuso; istituire e regolamentare la partecipazione dei territori; elaborare un piano delle rinnovabili che traghetti l’Italia verso i 90 GW di nuove installazioni entro il 2030; rafforzare, con una norma ad hoc, il divieto di moratoria per Regioni e Comuni, in linea con le sentenze della Corte costituzionale.