
Il Governo tenta la marcia indietro sulle caldaie a gas, un emendamento per reintrodurre gli incentivi

Nell’ultima legge di Bilancio è stato inserito un emendamento pensato per mantenere i bonus per ristrutturare casa e l'ecobonus per l’efficientamento energetico al 50% per il 2025 per le prime case, e al 36% per le seconde – come già previsto in prima battuta dalla Finanziaria – ma senza possibilità di detrazioni per le caldaie alimentate da combustibili fossili.
Un passaggio che a fine dicembre ha visto esultare le principali associazioni ambientaliste del Paese, che da tempo chiedevano questo cambiamento: Arse, Coordinamento free, Greenpeace, Kyoto club, Legambiente e Wwf. Oggi, le stesse associazioni denunciano che il Governo sta tentando di far marcia indietro attraverso il Decreto Bollette che già di suo presenta diverse criticità come il continuo ricorso a misure emergenziali e non strutturali per aiutare famiglie e imprese e l’utilizzo fino al 50% delle risorse del Fondo Sociale per il Clima su cui si è aperta una consultazione nelle scorse settimane.
Continuare ad incentivare le caldaie a gas, non va solo contro quanto stabilito dalle Direttive europee, che in tal senso sono chiare e definitive, ma rischia di portare l’Italia sotto procedura di infrazione: la direttiva sull’efficienza energetica degli edifici e i successivi documenti di implementazione, infatti, proibiscono di incentivare qualsiasi tipo di impianto di riscaldamento che funzioni, anche temporaneamente, con gas fossile.
È vero che i prodotti ibridi, che abbiano un contributo rilevante da fonti rinnovabili, stimato in almeno il 50%, (in Germania le norme nazionali fissano un minimo del 65%) possono essere agevolati, ma rigorosamente e in maniera proporzionale al loro uso di fonti rinnovabili. Ecco che quindi un sistema ibrido con caldaia a gas + pompa di calore, può essere sostenuto ma solo per la parte di energia rinnovabile, ovvero la pompa di calore, pena l’infrazione della norma comunitaria.
Non solo: è certamente vero che, ancorché assolutamente improbabile, un futuro uso del biometano e dell’idrogeno verde per l’uso domestico consentirebbe di incentivare le caldaie che usassero questi combustibili, ma la norma specifica chiaramente che una caldaia a gas che fosse installata “in attesa” del loro arrivo, con la banale caratteristica di essere “compatibile” (praticamente tutte le caldaie moderne lo sono) non consente, oggi, assolutamente il loro finanziamento agevolato: la norma esplicita chiaramente che per essere incentivate, le caldaie devono essere connesse ad un utenza che utilizza, fin dal momento dell’installazione, 100% biometano o idrogeno verde.
Di fronte a tali evidenze, messe nero su bianco dalle Direttive non vi è spazio né per le caldaie “H-ready” ovvero potenzialmente pronte per un futuro -aleatorio- uso, né tanto meno per l’incentivazione totale di caldaie ibride. Per il biometano, ovviamente tutte le caldaie, per definizione, sono biometano-ready e quindi la norma si tradurrebbe in un sostegno economico all’acquisto di tutte le caldaie senza alcun vincolo ambientale richiesto.
«Il tema importante oggi da affrontare – Arse, Coordinamento free, Greenpeace, Kyoto club, Legambiente e Wwf – è quello di avere strumenti e politiche che rendano possibili gli investimenti per le famiglie a tecnologie sostenibili come le pompe di calore, con particolare riguardo alle famiglie a basso e medio reddito che con maggiori difficoltà possono arrivare a fare investimenti importanti in questa direzione. Continuare a sprecare risorse economiche in caldaie a gas, o senza la distinzione della parte rinnovabile per le ibride, o ancora per quelle che forse un giorno potranno andare a idrogeno o a biometano (risorse che dovrebbero essere utilizzate in settori decisamente diversi da quello domestico) vuol dire solo condannare le famiglie e il Paese ad una dipendenza da fonti fossili, climalteranti e costose e senza speranze di ridurre i costi in bolletta. E davvero non ne capiamo la ragione».
