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Da Roma parere favorevole a impianto agrivoltaico ma la Regione Sardegna fa muro
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«Il parere favorevole espresso dalla commissione Pnrr-Pniec sul progetto agrivoltaico elevato di Siamaggiore non è vincolante e non può sostituire la normativa regionale». Dunque: «La Regione Sardegna non concederà autorizzazioni per impianti che non ricadano nelle aree idonee definite dalla legge 20 del 2024». È di nuovo muro contro muro tra la giunta Todde e il governo Meloni. E, di nuovo, al centro dello scontro ci sono le rinnovabili. Per un motivo semplice: con il decreto aree idonee, Palazzo Chigi ha dato ampio potere decisionale alle Regioni e creato le condizioni per rendere ancora più complicato, anziché più semplice, costruire in Italia nuovi impianti eolici e fotovoltaici.
A fine gennaio l’esecutivo ha impugnato la legge della Sardegna proprio sulle aree idonee giudicandola incostituzionale, raccogliendo tra l’altro il plauso dell’intera filiera elettrica nazionale, che insieme a diverse sigle ambientaliste aveva tra l’altro più volte rimarcato le «gravi lacune» introdotte proprio da Palazzo Chigi con il decreto volto a individuare le zone dove è possibile installare nuovi impianti. Dopo che il Consiglio regionale sardo ha indicato con legge come idoneo soltanto l’1% del territorio dell’isola, da Roma hanno provato a correre ai ripari impugnando la normativa approvata da Cagliari. E in attesa di vedere come andrà a finire, ora arriva quest’altra disputa, anch’essa figlia del pasticcio combinato dal governo Meloni col decreto aree idonee.
Nei giorni scorsi il ministero dell’Ambiente ha infatti espresso parere favorevole per il progetto agrivoltaico elevato "Fattoria Solare Siamaggiore 1", ma la Regione ha fatto sapere che non concederà l’autorizzazione ad andare avanti su questa strada. In una nota diffusa nelle ultime ore, l’assessora regionale all’Ambiente, Rosanna Laconi, ha ribadito che la Regione è obbligata a rispettare le disposizioni della legge sulle aree idonee «che vincolano tutti i procedimenti in corso, inclusi quelli già valutati dalla commissione»: «Le nostre decisioni rispettano la volontà del Consiglio regionale e della popolazione sarda: garantiremo uno sviluppo sostenibile senza derogare alle norme di tutela del paesaggio e della biodiversità». In ogni caso, fa sapere l’assessora, la Regione impugnerà formalmente il parere della commissione e il decreto ministeriale, «in quanto non tengono conto delle condizioni di idoneità necessarie, tra le quali l’obbligo di attenersi alle norme di settore vigenti». E se da Roma contano di spuntarla, nonostante l’opposizione della giunta Todde, a Cagliari sono convinti che proprio per come è stato concepito il decreto aree idonee il nuovo progetto non potrà andare avanti. Così come altri che ricadono in zone definite dalla legge regionale come non idonee. Zone che magari ricadono in territori che hanno visto l’abbandono di centinaia di orti e frutteti perché, come ha scritto una decina di giorni fa l’Unione sarda, sull’isola oltre 13 mila ettari di campi sono stati abbandonati nell’ultima quindicina di anni. Sarebbero aree che potrebbero tornare a essere produttive, seppur in campo energetico anziché alimentare, ma che tra il pasticcio del decreto governativo e le decisioni della giunta regionale resteranno così, semplicemente incolti e abbandonati. Roma proverà ancora a forzare per far cambiar rotta alla giunta regionale ma per ora, in punta di diritto, a Cagliari si sentono tranquilli: «Difenderemo con fermezza la corretta applicazione delle normative regionali e nazionali nelle sedi opportune – ribadisce l’assessora Laconi – affinché la pianificazione energetica della Sardegna rispetti le regole stabilite e non si presti a interpretazioni parziali o arbitrarie».
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