
Perché nucleare e rinnovabili non è il mix migliore per stabilizzare la rete elettrica

Nonostante la propaganda di governo e di settore, il rilancio del “nuovo nucleare” in Italia al momento è un puro esercizio di stile: secondo uno di principali sostenitori del rilancio dell’atomo, ovvero il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, il necessario quadro legislativo sarà pronto non prima di fine 2027. Ovvero dopo le prossime elezioni politiche.
Nel frattempo c’è sempre però chi fantastica sull’energia nucleare come scelta d’elezione per stabilizzare la rete elettrica a fronte della progressiva penetrazione nel mix di produzione delle fonti rinnovabili, che nei casi principali – eolico e fotovoltaico – presenta ampia discontinuità giornaliera, settimanale e, soprattutto, stagionale.
Questa discontinuità sarebbe risolta dal 22% di produzione di elettricità con centrali nucleari al 2050, come favoleggia il Pniec elaborato dal Governo Meloni? La risposta è no, come riassume l’ex ministro dell’Ambiente – e oggi presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – Edo Ronchi: «Oltre al fatto che lo spegnimento delle centrali nucleari richiede procedure e tempi lunghi, se fossero utilizzate solo alcuni mesi all’anno, dati i loro alti costi di costruzione, l’elettricità prodotta in questi mesi avrebbe costi proibitivi. Se, invece, le centrali nucleari fossero mantenute sempre in produzione, si ridurrebbe il ricorso alle rinnovabili, anche quando sono disponibili e molto più convenienti».
Peraltro non si tratta di un problema, perché le tecnologie per stabilizzare una rete elettrica alimentata dalle fonti rinnovabili ci sono già. «La gestione intelligente delle reti, le batterie e i pompaggi – snocciola Ronchi – Le discontinuità stagionali delle fonti solare ed eolica sono in buona parte complementari: l’eolico produce meno d’estate e più in inverno, mentre il fotovoltaico, al contrario, produce più in estate e meno in inverno». E poi ancora: l’idroelettrico, la geotermia e le biomasse, l’integrazione con le reti elettriche di altri Paesi, gli accumuli stagionali come l’idrogeno verde, sono tutte scelte meglio abbinabili a sole e vento rispetto al nucleare.
In questi giorni a ribadire la medesima valutazione sui media italiani è stato – intervistato su rinnovabili.it – Mark Z. Jacobson, ovvero il direttore del programma su Atmosfera ed energia e professore di Ingegneria civile e ambientale presso la Stanford University, tra i maggiori esperti di energia al mondo: «L’obiettivo – ricorda Jacobson – non è fornire “energia di base”, ma bilanciare domanda e offerta. L’eolico e il solare possono essere stabilizzati con batterie, idroelettrico, pompaggio idroelettrico e gestione della domanda. La diversificazione geografica aiuta a ridurre la variabilità: collegare parchi eolici su un’ampia area rende la produzione più stabile».
