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La sete di energia dei data center alimenta la corsa di questa fonte rinnovabile

La Iea chiede all'Italia di dare una «spinta significativa» allo sviluppo della geotermia

Birol: «Bisogna semplificare i processi autorizzativi, dare garanzie di lungo termine al fornitore geotermico e sostenere l’innovazione»
 |  Nuove energie

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), la geotermia è tra le fonti rinnovabili con le più interessanti possibilità di sviluppo a livello globale: ad oggi soddisfa circa l'1% della domanda globale di elettricità, ma potrebbe salire al 15% entro il 2050 se i costi dei progetti geotermici continueranno a scendere: per la Iea è realistico tagliarli dell’80% al 2035, arrivando a circa 50 dollari per MWh.

«Siamo solo all’inizio della rivoluzione tecnologica della geotermia, ma il settore è in grandissimo fermento – spiega oggi il direttore della Iea, Fatih Birol, intervistato da Elena Comelli per L’Economia del Corriere della Sera – Una delle spinte chiave viene dalla domanda d’energia dei data center. Molte aziende tecnologiche, da Microsoft a Google, stanno firmando contratti di lungo termine con le aziende geotermiche emergenti».

Come già osservato su queste colonne, infatti, la geotermia è una scommessa molto più sostenibile (e assai meno rischiosa) dell’energia nucleare, per soddisfare la necessità di forniture d’energia continue e decarbonizzate per sostenere la crescita dell’intelligenza artificiale.

Birol guarda in particolare allo sviluppo di nuove tecnologie geotermiche, derivate da quelle già utilizzate «per la produzione di petrolio e gas di scisto. Con queste tecnologie possiamo perforare oltre i 3 km di profondità e raggiungere enormi risorse non ancora sfruttate, rendendo l’energia geotermica, ora praticabile solo in alcune regioni del mondo, disponibile per quasi tutti i Paesi».

Non a caso la Iea stima che la geotermia da sola, a livello teorico, sarebbe in grado di soddisfare 140 volte tanto la domanda globale di elettricità. Per arrivare a simili scenari la risorsa dunque non manca, ma serve ancora dare gambe alle tecnologie necessarie; un fronte su cui anche l’Italia è già attiva, partecipando a progetti di ricerca come Compass o DeepU.

Ma nel frattempo che la ricerca avanza, il primo passo per l’Italia – dove le risorse geotermiche a media e alta entalpia abbondano, anche senza andare a scomodare profondità e contesti geologici particolarmente sfidanti – sarebbe semplicemente quello di scuotersi di dosso la polvere dell’immobilismo: l’ultima centrale geotermoelettrica è stata inaugurata in Toscana ormai un decennio fa.

Si tratta di una storia che inizia nel 1904 in Italia come ricorda la stessa Iea, quando nel 1904 a Larderello in Toscana vennero accese le prime 5 lampadine grazie al calore rinnovabile custodito nel sottosuolo. Oggi quella tradizione è portata avanti dall’attuale gestore delle centrali geotermoelettriche toscane, Enel green power, e potrebbe presto trovare nuovo slancio con l’atteso rinnovo delle concessioni minerarie che sta trattando la Regione Toscana (l’attuale deadline scade il 31 gennaio).

Anche secondo la Iea è tempo di riprendere a sviluppare progetti geotermici: «L’Italia dispone di un enorme potenziale, e il governo potrebbe dare una spinta significativa per aumentare la quota di mercato della geotermia nel sistema energetico italiano. Bisogna però abbattere alcune barriere», conclude Birol. Quali? «Semplificare i processi autorizzativi, dare garanzie di lungo termine al fornitore geotermico, sostenere l’innovazione».

Redazione Greenreport

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