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L’indagine di Goldman Sachs: con temperature sotto la media il costo può arrivare a 84 euro

Con il gas a 50 euro per megawattora stangata da 1,6 miliardi per le imprese italiane

Unimpresa lancia l’allarme: «Effetti devastanti sulle Pmi, incentivare l’efficienza energetica e il ricorso a fonti rinnovabili». Pichetto Fratin all’Ue: si estendano le misure di emergenza e si fissi un tetto di 60 €/MWh per prevenire un possibile shock dei prezzi dell’energia
 |  Nuove energie

L’Unione europea dovrebbe estendere le sue misure di emergenza ai prezzi del gas e fissare un tetto di 60 euro per megawattora per prevenire un possibile shock dei prezzi dell’energia, ha detto nei giorni scorsi il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Nell’Ue c’è una normativa di questo tipo, ma scatta solo se i prezzi del gas europeo superano i 180 euro per megawattora, un livello che non è stato raggiunto dai giorni successivi all’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, all’inizio del 2022. Per il governo italiano quel tetto va abbassato di almeno due terzi. Ma alla luce del trend innescato nelle ultime settimane e soprattutto dopo che l’Ucraina si è opposta al rinnovo di un decennale accordo di transito del gas dalla Russia, tale richiesta appare poco attuabile. Anche perché, secondo le stime degli analisti della Goldman Sachs, se le previsioni di temperature sotto la media nelle prossime due settimane saranno corrette, «nei prossimi mesi» il prezzo dei future Ttf (Title transfer facility) sul mercato di Amsterdam, che è benchmark del gas in Europa, potrebbe aumentare fino a toccare 84 euro al megawattora. Il nodo, tra l’altro, ovviamente collegato alla variabile temperature, è la capacità di stoccaggio dell’Ue. «Più bassi saranno i livelli di scorte a fine marzo, più difficile sarà riempirli prima della prossima stagione», è il ragionamento degli analisti. Goldman Sachs prevede un calo degli stoccaggi tra due mesi e mezzo al 30% in caso di temperature sotto la media, con il rischio che si arrivi a fine ottobre prossimo con un livello di scorte di poco superiore all’80%, ovvero circa il 10% in meno rispetto al target del 90% stabilito dall’Ue.

Per l’Italia tutto ciò si traduce non solo in un aggravio di spesa, non solo in un aumento dei prezzi delle bollette delle forniture domestiche, ma anche in un alto rischio di incapacità da parte di non piccole fette del settore produttivo di sostenere i costi aggiuntivi. Un rischio che si potrebbe presentare soprattutto per le piccole e medie imprese. Alle Pmi, secondo un’indagine del centro studi di Unimpresa, il rincaro del gas che già si è fatto evidente in questi primi giorni del 2025 costerà circa 1,6 miliardi di euro in spese aggiuntive. E questo calcolo è stato realizzato sulla base di un prezzo medio del gas intorno ai 50 euro per megawatt all’ora, che già è in aumento rispetto ai 35 euro per MWh registrati nel 2024. Facile dunque prevedere cosa succederà se effettivamente il prezzo dovesse schizzare a oltre 80 euro/MWh. L’allarme lanciato da Unimpresa è serio, perché va a colpire aziende che rappresentano il 99% del tessuto imprenditoriale nazionale. «I settori più colpiti saranno quelli a maggiore intensità energetica, tra cui manifatturiero, logistica, agroalimentare, ceramica e metallurgia, che rischiano di vedere ridotta la loro competitività sia sul mercato interno sia sui mercati esteri», viene sottolineato nell’indagine». L’incremento dei prezzi del gas, inoltre, «potrebbe trasferirsi sui consumatori finali, contribuendo a un aumento generale dell’inflazione e riducendo il potere d’acquisto delle famiglie. Sul fronte industriale, il rialzo dei costi operativi rischia di penalizzare gli investimenti in tecnologie innovative e nella transizione energetica, rallentando la trasformazione green del comparto produttivo».

Sottolinea la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, che invece proprio la transizione energetica è un’importante strada da percorrere per affrontare il problema. «L’aumento dei costi energetici avrà effetti devastanti sulle Pmi italiane, già provate da anni di crisi e incertezze. Senza misure adeguate, molte imprese potrebbero essere costrette a ridurre la produzione, licenziare personale o, nel peggiore dei casi, cessare l’attività. Sono necessari interventi immediati e strutturali, come l’introduzione di misure per incentivare l’efficienza energetica e il ricorso a fonti rinnovabili, oltre a ulteriori agevolazioni fiscali per sostenere le aziende nella gestione dell’emergenza. Il governo deve agire con urgenza per evitare che questo aumento del prezzo del gas comprometta la ripresa economica del Paese e il ruolo strategico delle Pmi».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.