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Arera, la crescita delle rinnovabili è «la strada principale per ridurre i costi dell’energia»

Gli stoccaggi di gas sono sopra la media, ma cresce il prezzo del metano: è la dipendenza stessa dal combustibile fossile a trainare in alto il costo delle bollette
 |  Nuove energie

Con l’arrivo del 2025 l’Ucraina ha definitivamente interrotto il transito del gas russo sul proprio territorio verso l’Europa, ma il metano non manca: il Gas coordination group dell’Ue conferma che «le forniture di gas sono state garantite tramite rotte alternative (Germania, Italia) e tramite prelievi dagli stoccaggi», che peraltro ad oggi rimangono a un livello superiore alla media del periodo (72% vs 69%).

«L'infrastruttura europea del gas è flessibile per accogliere gas di origine non russa – argomentano da Bruxelles –, in linea con gli obiettivi RePowerEu. È stata inoltre rafforzata con nuove significative capacità di importazione di Gnl dal 2022». Eppure il costo delle bollette continua ad aumentare. Perché?

Il nodo non sta nella scarsità di materia prima: in Italia si parla di sovraccapacità per il Gnl già dal 2023 (eppure nei giorni scorsi è arrivato nelle acque nostrane una nuova nave rigassificatrice, destinata a Ravenna) e secondo le stime Iea nei prossimi anni varrà lo stesso a livello globale, nonostante il Gnl arrivi ad avere un’impronta carbonica tripla rispetto a quella del carbone.

Il problema arriva alla radice, ovvero gli alti e volatili costi del gas, che l’Italia in particolare si trova in ogni caso costretta a importare in quanto dotata di riserve estremamente limitate se paragonate al fabbisogno: solo per il 2024, l’Unem - Unione energie per la mobilità (ex Unione petrolifera) stima che l’Italia abbia importato gas fossile per 20,6 mld di euro.

In ogni caso, che il gas sia estratto sul territorio italiano o meno, il prezzo – in attesa del socialismo reale – lo fa il mercato. Quello olandese per la precisione, attraverso il Title transfer facility (Ttf): è il punto di scambio virtuale che fa da riferimento per il prezzo del gas in tutta Europa. Qui i contratti scambiati sono prevalentemente futures, per consegne (virtuali) di gas che avverranno dopo un tot di tempo, al prezzo fissato.

Tra speculazione e tensioni internazionali in corso, stamani il prezzo del gas è rimasto sopra i 50 euro per MWh, e non si prospetta un inverno sereno. L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) ha già informato che, sempre a causa dei prezzi del gas – che fissano il costo dell’elettricità per gran parte delle ore, data la scarsità d’impianti rinnovabili – nel primo trimestre dell’anno le bollette cresceranno del 18,2%.

Intervenendo stamani sulle pagine de la Repubblica, il presidente dell’Arera Stefano Besseghini ha cercato di tranquillizzare: «Mi aspetto quotazioni che al massimo raggiungano i 50, 55 euro a megawattora per il gas, prezzi sicuramente alti, ma lontani dai 130, anche 150 euro del 2022». Eppure il think tank climatico Ecco stima già che quest’inverno le bollette (del gas) arriveranno a essere più care del 20% rispetto al 2022, dato che ai costi in rialzo del metano dovrebbero abbinarsi anche temperature più rigide.

Due valutazioni molto diverse, ma che trovano un punto d’incontro sulla possibile soluzione: velocizzare la transizione energetica verso le rinnovabili: «La crescita delle fonti a bassa emissione carbonica, con la loro capacità di soddisfare quote crescenti di domanda – spiega Besseghini – rimane la strada principale per ridurre i costi dell’energia, anche se deve essere chiaro che la loro introduzione spingerà sulla componente dei costi di realizzazione degli impianti e delle infrastrutture necessarie per gestirle». Costi comunque inferiori a quelli di un’economia fossile (o nucleare), come certifica l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea).

Anche le regole del mercato elettrico non aiutano. Il Prezzo unico nazionale (Pun) dell’energia elettrica, che fa da prezzo di riferimento per il costo delle bollette, si forma sul Mercato del giorno prima (Mgp) della Borsa elettrica, che a sua volta funziona secondo il criterio del prezzo marginale. Individuate le necessità della domanda elettrica per un determinato giorno, ogni produttore indica quanta elettricità può offrire, ed entrano nel pacchetto le offerte più economiche necessarie per arrivare a coprire la domanda. Il nodo del problema sta nel fatto che tutti gli impianti vengono però remunerati al prezzo dell’impianto più costoso tra quello selezionati nel Mgp. Nel caso italiano, l’impianto più costoso è in genere alimentato a gas.

«Disaccoppiare i prezzi delle rinnovabili da quello del gas richiede che l’energia prodotta da queste fonti venga “catturata” da contratti a termine (Cfd o Ppa) prima di esser collocata nel mercato giornaliero», commenta Besseghini. Anche con un mercato elettrico imperfetto, la progressione delle rinnovabili può garantire enormi risparmi: negli ultimi 4 anni l’extra-costo in bolletta per le famiglie italiane rispetto a Spagna e Portogallo, dove invece le rinnovabili corrono, arriva a 74 miliardi di euro.

Redazione Greenreport

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