Senza Piano di gestione degli spazi marittimi, lo sviluppo dell’eolico offshore resta una chimera
Tra poche settimane l’Italia festeggerà il primo anniversario dell’ennesima procedura d’infrazione europea, per il mancato recepimento della direttiva 2014/89/UE.
Ovvero la direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo con l’intento di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime (la cosiddetta economia blu), lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l’uso sostenibile delle risorse marine.
Eppure l’Italia si trova di fronte alla non più procrastinabile necessità nazionale di definire, una volta per tutte, quali sono le aree di mare (territoriale e non) utilizzabili per finalità di produzione energetica.
L’assenza di un Piano di gestione degli spazi marittimi è non solo imbarazzante, ma rischia di far perdere l’attrattiva per la realizzazione dei parchi eolici offshore nelle acque italiane. Anche perché, in contemporanea, in molti Paesi europei si continua invece a registrare una costante espansione del settore.
Il Governo sembra non capire (o finge) che produrre energia da fonti rinnovabili è questione non solo strategica per il futuro dell’Italia ma rappresenta, nell'immediato, una possibile fonte occupazionale capace di incidere significativamente sul sistema economico-industriale nazionale.
È dunque inaccettabile constatare che la tecnologia italiana e le rispettive maestranze sono attive e produttive da lustri nei mari del Nord Europa, mentre lungo le coste nostrane si fa ancora fatica a pianificare la gestione degli spazi marittimi, ovvero la conditio sine qua non per lo sviluppo dell’eolico offshore.