Alla Cop29 sono 1.773 i lobbisti di gas e petrolio: fossero un Paese sarebbero la 4° delegazione più ampia
La Conferenza Onu sui cambiamenti climatici in corso a Baku, la capitale dell’Azerbaigian – col suo presidente a dichiarare sul palco della Cop29 che i combustibili fossili sono “un dono di Dio” –, vede delegazioni diplomatiche in arrivo da tutti i Paesi del mondo. Le più numerose vedono ovviamente al primo posto il Paese ospitante (2229 delegati), seguito dal Brasile (1914) e dalla Turchia (1862). Al quarto posto in classifica non c’è uno Stato, ma i lobbisti dei combustibili fossili con 1.773 delegati.
È quanto emerge da un rapporto appena pubblicato dalla campagna Kick Big Polluters Out, che sottolinea come i lobbisti dei combustibili fossili abbiano ricevuto più pass rispetto a tutti i delegati delle 10 nazioni più vulnerabili al clima messe insieme (1.033), evidenziando come la presenza dell'industria superi di gran lunga quella dei Paesi in prima linea nella crisi climatica.
Molti lobbisti hanno ottenuto accesso attraverso associazioni di categoria, otto delle dieci principali provenienti dal Nord del mondo. La più rappresentata è l'International emissions trading association, con 43 delegati, tra cui rappresentanti di grandi inquinatori come TotalEnergies e Glencore. Delegazioni di vari Paesi hanno incluso grandi aziende dei combustibili fossili: il Giappone ha portato Sumitomo, il Canada Suncor e Tourmaline, il Regno Unito 20 lobbisti, e l’Italia dipendenti di Eni ed Enel (quest’ultima però oltre a produrre energia fossile è nche il più grande operatore privato al mondo nel comparto delle energie rinnovabil).
«L’influenza dei lobbisti dei combustibili fossili nei negoziati climatici è come un serpente velenoso che stringe il futuro del nostro pianeta – commenta Nnimmo Bassey, membro di Kick Big Polluters Out – È ora di smascherare il loro inganno, rimuovere la loro influenza e costringerli a pagare per i danni inflitti al pianeta. È il momento di dare priorità alle voci di chi lotta per la giustizia e la sostenibilità, non agli interessi degli inquinatori».
Guardando più in dettaglio al fronte italiano, per il nostro Paese il rappresentante più importante è Claudio Descalzi, in qualità di ad Eni, che quest’anno è accreditato come ospite della presidenza azera: una ristrettissima cerchia composta da soli 132 ospiti del governo dell’Azerbaigian. Non è un caso, ovviamente, ma un fatto legato alla stretta dipendenza fossile che lega i due Paesi: come testimonia un recentissimo studio elaborato dal think tank climatico Ecco, l’Azerbaigian esporta verso l’Italia il 57% del proprio petrolio, rappresentando quest’ultima il primo mercato di destinazione del petrolio azero. Al contempo, Baku esporta circa il 20% della sua produzione di gas in Italia. L’Azerbaigian è il secondo fornitore di gas dell’Italia dopo l’Algeria, rappresentando ad oggi circa il 16% dell’import totale di gas.