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«Sull’idrogeno l’Ue deve aggiustare il tiro»: il messaggio della Corte dei conti europea a Bruxelles

Tre gli appunti mossi alla Commissione: ambiziosi ma non realistici gli obiettivi per il 2030, assenza di una visione completa degli investimenti e rischio di creare nuove dipendenze energetiche
 |  Nuove energie

L’idrogeno come fonte energetica per i paesi dell’Unione europea? Primo: i risultati fin qui ottenuti non sono all’altezza degli obiettivi stabiliti, che pure erano comunque troppo ambiziosi e non calibrati su degli obiettivi realistici. Secondo: se non si imposta un cambio di rotta, c’è il rischio che industrie essenziali diventino meno competitive e che si creino nuove dipendenze energetiche. Terzo: manca una visione completa sia del fabbisogno per le spese necessarie sia degli investimenti pubblici disponibili per questo settore. In conclusione: l’Ue deve aggiornare la propria strategia per l’idrogeno. 

Il messaggio è arrivato sui tavoli della Commissione europea e la firma in calce alla raccomandazione è tutt’altro che di poco conto. Ad analizzare la situazione, stilare un rapporto dettagliato e inviare la relazione sintetizzata in quelle righe iniziali è infatti la Corte dei conti europea. «Occorre fare il punto della situazione della politica industriale dell’Ue in materia di idrogeno rinnovabile» ha dichiarato Stef Blok, il Membro della Corte responsabile dell’audit. «L’UE dovrebbe decidere una strategia per progredire sulla via della decarbonizzazione, senza alterare la situazione concorrenziale di industrie essenziali dell’Ue o creare nuove dipendenze strategiche». Ma a leggere diversi passaggi della relazione inviata a Bruxelles dalla Corte dei conti, alla Commissione è richiesto ben più che un semplice «fare il punto della situazione». 

I giudici di stanza a Lussemburgo scrivono infatti che l’Ue è riuscita solo in parte a porre le basi per il mercato emergente dell’idrogeno rinnovabile, e benché siano state messe in campo molte azioni positive, i problemi da risolvere sono ancora troppi affinché si riesca a centrare gli obiettivi fissati per il 2030. Obiettivi, notano tra gli altro i giudici contabili degli stati membri, che si sono rivelati eccessivamente ambiziosi. Da qui l’esortazione a fissarne di nuovi, realistici, e a pianificare scelte strategiche che né creino nuove dipendenze nei confronti di paesi extra Ue né compromettano la competitività delle industrie fondamentali presenti entro i confini comunitari. 

L’idrogeno “verde”, quello cioè prodotto utilizzando energia elettrica rinnovabile o biomassa, può aiutare nella sfida per la decarbonizzazione, ridurre ulteriormente la dipendenza dal gas russo, consentire di rendere più ecologiche le industrie pesanti dell’Ue – quella petrolchimica, del cemento, dei fertilizzati, dell’acciaio – e aiutare a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Ma se in linea generale questa tecnologia è già molto complessa, dal punto di vista particolare dell’Ue si aggiungono anche ulteriori problemi. Gli obiettivi fissati dalla Commissione, scrivono i giudici comunitari, non erano basati su analisi approfondite ma su valutazioni di natura politica. E il raggiungimento risulta già compromesso da diversità di vedute tra gli Stati membri, dai tempi lunghi per concordare decisioni sugli investimenti, dal fatto che gli stessi 18,8 miliardi di euro stimati per il periodo 2021-2027 sono stati dispersi tra più programmi, rendendo difficile per le imprese capire quale sia il tipo di finanziamento più adatto per le loro specifiche esigenze.

Per dare un’idea di quella che è la situazione attuale e di quali sono gli obiettivi che ha fissato la Commissione, basti pensare che nel 2022 l’idrogeno rappresentava meno del 2% del consumo energetico europeo (la maggior parte della domanda proveniva dalle raffinerie). Stando a quanto si legge nella relazione della Corte, la domanda che dovrebbe essere stimolata non raggiungerà nemmeno 10 milioni di tonnellate entro il 2030. Ovvero la metà dei 20 milioni di tonnellate previsti inizialmente dalla Commissione.

La missiva della Corte dei conti europea si chiude dunque con la raccomandazione alla Commissione di aggiornare la strategia per l’idrogeno concentrando soprattutto l’attenzione su tali questioni: come calibrare gli incentivi sul mercato per la produzione e l’uso dell’idrogeno rinnovabile; come stabilire un ordine di priorità per gli scarsi finanziamenti dell’Ue; considerare quali industrie l’Ue vuole mantenere e a quale prezzo.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.