Come l’Europa può giocare la sfida, anche geopolitica, per i minerali verdi
I minerali giocano un ruolo molto importante nella sfida per realizzare con successo, e in tempi rapidi, la transizione verde. In particolare, litio, rame, nichel, cobalto, manganese e grafite saranno determinanti per rispondere ai fabbisogni energetici dei prossimi anni. E allora, la domanda è: l’Europa, che parte da una posizione di svantaggio rispetto agli Stati Uniti e soprattutto rispetto alla Cina, saprà farsi trovare preparata? La questione viene affrontata in un intervento pubblicato sulle pagine web della Banca centrale europea, nel quale si stima che entro il 2040 la richiesta di quei minerali aumenterà di quasi quattro volte, e che quindi garantirne l’approvvigionamento sarà «di vitale importanza».
Gli autori dello studio, Jacob Feveile Adolfsen e Marie-Sophie Lappe, sottolineano che l’invasione della Russia nei confronti dell’Ucraina ha già oggi dimostrato «come gli sviluppi geopolitici possano influenzare in modo significativo i mercati delle materie prime e l’inflazione». Viene citata una recente indagine del Fondo monetario internazionale (FMI) secondo la quale «la frammentazione geopolitica potrebbe interrompere la transizione energetica ostacolando l’accesso ai minerali verdi». Interruzioni nelle forniture, scrivono i due economisti, potrebbero verificarsi soprattutto a causa del fatto che l’estrazione di minerali grezzi è concentrata principalmente in economie di mercato in via di sviluppo ed emergenti come il Sud America e l’Africa. Inoltre, le forniture di quei minerali sono più concentrate rispetto ad altre materie prime come il petrolio. Il che li rende «particolarmente suscettibili alle interruzioni della catena di approvvigionamento e alle restrizioni commerciali».
A rendere l’intera questione ancor più degna di attenzione è il fatto che attualmente la Cina sembra essere «meglio posizionata rispetto all’Ue e agli Stati Uniti in termini di garanzia dell’approvvigionamento di minerali verdi». Il motivo? «La Cina mostra il livello più basso di disaccordo politico con i principali produttori minerari di minerali verdi», sottolineano i due autori dell’analisi pubblicata sulle pagine web della Bce.
Cosa può e, anzi, deve fare l’Europa di fronte a questo quadro? Si legge nel testo: «È possibile intraprendere diverse azioni per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti di minerali verdi. In primo luogo, incoraggiare gli investimenti privati nell’estrazione e nella raffinazione dei minerali può aiutare a diversificare i rischi di approvvigionamento. Facilitando l’estrazione delle riserve e l’ingresso di nuovi produttori, ciò potrebbe indebolire il potere degli attuali leader di mercato». In secondo luogo, la ricerca sui materiali sostitutivi per le tecnologie verdi «sta producendo i primi risultati promettenti e potrebbe ridurre la futura domanda di minerali verdi». E, terzo ma non ultimo fattore da tenere in considerazione, questi minerali sono riciclabili: «Ciò significa che esiste una fonte di approvvigionamento secondaria che probabilmente crescerà in futuro man mano che aumenteranno sia lo stock di prodotti riciclabili che gli investimenti nelle tecnologie di riciclaggio».
Se questo vale in generale, per quel che riguarda il caso specifico dell’Unione europea, ci sono alcune scelte compiute recentemente che fanno ben sperare e una serie di attività che, se ben condotte, dovrebbero garantire il successo dell’impresa. Rientra tra le prime, sottolineano i due economisti, la cosiddetta legge sulle materie prime critiche, secondo la quale entro il 2030 almeno il 10% del consumo annuale di materie prime essenziali dell’UE dovrebbe essere estratto all’interno dell’UE e il 40% dovrebbe essere trasformato a livello nazionale. Inoltre, ricordano i due autori del documento pubblicato sulle pagine web della Bce, «le procedure di approvazione per i progetti relativi alle materie prime saranno snellite e i progetti strategici beneficeranno dell’accesso ai finanziamenti e di tempi di approvazione più brevi». Non solo: «Viene promossa anche la riciclabilità dei minerali, poiché nel 2030 almeno il 15% del consumo annuo dovrebbe essere coperto dal riciclaggio interno. Anche la quota delle importazioni da un singolo paese terzo non dovrebbe superare il 65% del consumo annuo. Questo benchmark mira a diversificare i rischi di approvvigionamento, che saranno ulteriormente supportati dalla creazione di un club delle materie prime per i paesi interessati a rafforzare le catene di approvvigionamento globali e dall’istituzione di uno strumento di credito all’esportazione dell’UE per ridurre i rischi di investire all’estero».