Il nuovo Pniec del Governo Meloni è l’ennesima «occasione mancata» per la geotermia italiana
Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) inviato dal Governo Meloni a Bruxelles – dopo la sonora bocciatura della prima versione, poco ambiziosa – lascia ancora una volta ai margini lo sviluppo della geotermia, la fonte rinnovabile che l’Italia ha saputo metter a frutto a fini industriali oltre due secoli fa, prima al mondo.
Come già osservato su queste pagine, il Pniec propone infatti di arrivare al 2030 con 1 GW di potenza geotermica installata, a fronte degli 817 MW già presenti: neanche 200 MW in più in 6 anni. Meno della metà di quanto indicato nelle interlocuzioni ministeriali dal Tavolo tecnico geotermia (1,295 GW al 2030), che adesso annuncia contromosse in sede europea.
«Nel garantire la disponibilità a migliorare e a mettere a terra tutte le misure necessarie per la transizione, il Tavolo tecnico comunica di voler attivare le strutture del Consiglio europeo per l’energia geotermica (Egec) affinché si adoperi verso la nuova Commissione Ue, perché formuli le necessarie osservazioni e solleciti le opportune modifiche e integrazioni al testo del Pniec presentato dal nostro Governo», spiegano i coordinatori del Tavolo Alessandro Cecchi (Airu) e Bruno Della Vedova (Ugi).
Del resto Francia e Germania puntano già a triplicare la produzione da fonte geotermica entro il 2030, mentre all’inizio di quest’anno il 96% dell’Europarlamento ha votato per chiedere una strategia europea a sostegno della geotermia. Un recente studio Ambrosetti documenta che puntando sulla geotermia l’Italia può tagliare di almeno il 40% il consumo di gas fossile, e soddisfare il 10% della domanda interna di elettricità al 2050.
A fronte di queste prospettive concrete, che si abbinano alle caratteristiche uniche di continuità e flessibilità produttiva che la geotermia permette – superiori e ben più sostenibili di quelle del nucleare, ad esempio –, il Governo ha preferito invece puntare sullo spauracchio dell’energia dell’atomo.
«Il Tavolo tecnico – commentano Cecchi e Della Vedova – riconosce come positivi alcuni passaggi del nuovo testo del Pniec, come ad esempio la volontà di introdurre un apposito fondo di garanzia per la geotermia per ridurre il rischio in carico agli operatori, ma al contempo esprime sorpresa perché, a nostro avviso, il documento non recepisce ancora la delibera approvata quasi all’unanimità dal Parlamento europeo lo scorso gennaio 2024 per costruire una strategia europea di lungo termine per la valorizzazione della geotermia nelle sue diverse forme, né rispetto al Net-zero industry act, approvato in aprile 2024, per sostenere il salto di scala nella produzione di tecnologie innovative, quali strumenti privilegiati per accelerare la transizione: la geotermia è uno di questi».
Non solo: la geotermia potrebbe dare un contributo fondamentale anche per decarbonizzare il comparto degli edifici, responsabili in Ue del 40% del consumo finale dell’energia e di circa il 36% delle emissioni.
«Un altro importante punto su cui esprimiamo rammarico – confermano nel merito Cecchi e Della Vedova – riguarda le scarse indicazioni relative ai sistemi di riscaldamento e raffrescamento rinnovabile e in particolare al mancato riconoscimento dell’enorme potenziale di sviluppo del teleriscaldamento alimentato da fonte geotermica. Secondo un recente studio condotto dal Politecnico di Milano, infatti, il potenziale di crescita del teleriscaldamento è stimato oltre 5 volte la dimensione attuale e la geotermia rappresenta la fonte principale con oltre il 32%, contribuendo in modo strutturale alla decarbonizzazione e all’efficientamento del parco immobiliare delle nostre città. Questi sistemi sono in grado di sostituire completamente e validamente la domanda attuale di combustibili fossili per usi termici negli edifici. In questo campo, la geotermia a bassa entalpia e il geoscambio, unitamente alle infrastrutture di teleriscaldamernto efficiente».