Skip to main content

World Oceans Day: necessarie azioni immediate per proteggere gli oceani

Aumentano riscaldamento globale, acidificazione, inquinamenti e sovrapesca, la salvezza viene da Blue Carbon e Aree marine protette
 |  Natura e biodiversità

In occasione del World Oceans Day che si celebra l’8 giugno, il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha ricordato che «L’oceano sostiene la vita sulla Terra e i suoi problemi sono essenzialmente causati dall’uomo. Il cambiamento climatico sta provocando l’innalzamento dei mari e minacciando l’esistenza stessa dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo e delle popolazioni costiere. L’acidificazione degli oceani sta distruggendo le barriere coralline, le temperature del mare raggiungono livelli record portando a eventi meteorologici estremi. La pesca eccessiva e altri fattori stanno contribuendo alla distruzione degli ecosistemi marini del mondo. Ora è il momento che governi, imprese, investitori, scienziati e comunità si uniscano in difesa del nostro oceano».
Anche il presidente dell'Assemblea generale dell’Onu, Dennis Francis, è molto preoccupato per lo stato attuale dell'oceano: «C’è ancora molto da imparare sugli oceani e, soprattutto, su come invertire il danno causato alla nostra preziosa risorsa vitale. L’oceano è il nostro più forte alleato contro il cambiamento climatico e quindi è nostra responsabilità comune correggere la rotta – e impegnarci nuovamente a gestire in modo sostenibile le preziose risorse dell’oceano – in modo da garantirne la disponibilità a livello intergenerazionale. Dovremmo raddoppiare i nostri sforzi per sostenere e far avanzare l’azione a favore degli oceani, costruire le capacità tanto necessarie nei piccoli stati insulari in via di sviluppo e in altri Paesi in via di sviluppo e promuovere soluzioni finanziarie innovative che guidino la trasformazione. e aumentare la resilienza».
Guterres e Francis si aspettano «Riflessioni e azioni sulle modalità per ripristinare e proteggere i nostri oceani in occasione del Summit of the Future del settembre 2024 e dell'approccio all’United Nations Oceans Conference del prossimo anno».
L’Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) dell’Unesco ha pubblicato lo “State of the Ocean Report 2024”, realizzato grazie al contributo di 98 esperti provenienti da 25 Paesi, rivisto da 45 specialisti e dall’Advisory Board internazionale che punta a supportare l’identificazione delle priorità politiche e gestionali e delle aree di interesse per la ricerca.
Secondo lo IOC, «I suoi risultati dovrebbero stimolare la ricerca e le azioni politiche che contribuiscono all’Agenda 2030, alle convenzioni sui cambiamenti climatici e sulla biodiversità e al Sendai Framework for Disaster Risk Reduction».
Inquadrato attorno ai 7 risultati dell’UN Decade of Ocean Science for Sustainable Development (2021-2030), il rapporto evidenzia parametri fisici, chimici e biologici che descrivono lo stato dell'oceano, riassume le minacce poste all'oceano, illustra l'accesso alle infrastrutture di osservazione, i dati e informazioni e fornisce nuove intuizioni sull’Educazione all’Oceano, sulle conoscenze indigene e tradizionali.
Lo “State of the Ocean Report 2024” rileva le tendenze globali, ma avverte che «E’ importante considerare i cambiamenti locali per adattarsi e mitigarli con successo. E’ necessaria l’individuazione delle tendenze a lungo termine per identificare i fattori di cambiamento. L’osservazione degli oceani è un’infrastruttura fondamentale per gestire i rischi e soddisfare le future esigenze delle industrie oceaniche sostenibili. L’accesso alla conoscenza rimane distribuito in modo ineguale».
Allo stesso tempo, il riscaldamento degli oceani dalla superficie fino agli abissi sta avvenendo a un ritmo senza precedenti e il ritmo sta accelerando. Le principali e ben note conseguenze includono l’innalzamento del livello del mare, le alterazioni delle correnti oceaniche e i drammatici cambiamenti negli ecosistemi marini. Il Rapporto sottolinea che «L’oceano si sta ora riscaldando a un ritmo doppio rispetto a vent’anni fa, con il 2023 che vedrà uno degli aumenti più elevati dagli anni ’50. Mentre gli Accordi di Parigi si impegnavano a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C rispetto ai livelli preindustriali, le temperature degli oceani sono già aumentate in media di 1,45° C, con hotspot superiori a 2° C nel Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico tropicale e negli Oceani meridionali. Una conseguenza drammatica di questo riscaldamento è l’aumento del livello del mare in tutto il mondo. L’oceano assorbe il 90% del calore in eccesso rilasciato nell’atmosfera e man mano che l’acqua si riscalda si espande. Il riscaldamento delle temperature oceaniche rappresenta ora il 40% dell’innalzamento globale del livello del mare, e il tasso di aumento è raddoppiato negli ultimi 30 anni per un totale di 9 cm».
Anche l’aumento dell’acidità del mare è motivo di grande preoccupazione: «Con il 25-30% delle emissioni di combustibili fossili assorbite dall’oceano, questa sovrabbondanza di CO2 sta rimodellando la composizione chimica stessa dell’oceano – avverte il rapporto - Dall’epoca preindustriale, l’acidità degli oceani è aumentata del 30%, e raggiungerà il 170% entro il 2100». E come se questo non bastasse a disturbare la fornitura di servizi oceanici, il contenuto di ossigeno nell’oceano sta diminuendo, con conseguente peggioramento dell’ipossia e aree più ampie a basso contenuto di ossigeno. Saranno necessarie nuove ricerche per stimare la variazione del tasso e prevederne le conseguenze. Il rapporto evidenzia che «L’adattamento e la mitigazione, tuttavia, richiederanno un’azione nazionale e subnazionale, che potrà essere attuata solo una volta comprese le variazioni locali e regionali nell’acidificazione degli oceani e i suoi impatti».
Ancora una volta, ad essere più colpite sono le specie costiere: «Stanno assistendo a drammatiche fluttuazioni che vanno da un’acidità elevata a una bassa, che rendono le giovani generazioni di animali e piante troppo fragili per sopravvivere, causando morie di massa».
La speranza per il futuro degli oceani sta nella Blue Carbon e nelle Aree marine protette. l’IOC Unesco ricorda che «Le foreste marine, tra cui mangrovie, praterie di fanerogame e paludi soggette a marea, sono in grado di assorbire fino a 5 volte più carbonio rispetto alle foreste terrestri. Oltre ad essere rifugi vitali per la biodiversità, rappresentano uno dei migliori baluardi contro il riscaldamento globale». Ma la protezione di questi habitat non è garantita e dal 1970 ne abbiamo persi il 20-35% e lo “State of the Ocean Report 2024” rivela che «Quasi il 60% dei Paesi non include ancora il ripristino e la conservazione delle foreste marine nei propri piani Nationally Determined Contribution».
Nelle Aree marine protette vivono il 72% delle 1.500 specie marine a rischio di estinzione presenti nella Lista Rossa IUCN e l’Ioc Unesco fa notare che «Questi hotspot della biodiversità marina sono fondamentali per sostenere sia la sicurezza alimentare che la salute generale dei nostri oceani, ora e in futuro. Nuovi dati evidenziano che quanto più elevato è il livello di regolamentazione in un’area protetta, tanto più efficace è la protezione degli ecosistemi locali».
La pianificazione dello spazio marino è un importante meccanismo politico per contribuire a ridurre le pressioni sugli ecosistemi marini. Nel 2023, 126 Paesi e territori (più 20% rispetto al 2022) hanno applicato politiche territoriali per gestire in modo sostenibile le attività nell’oceano. L’Ioc Unesco è convinto che «Il proseguimento di questa trend positivo costituirà un importante contributo all’azione nell’ambito dell’SDG 14 conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine».
Intervenendo all’iniziativa per il World Oceans Day promossa dall’Onu, la biologa marina e oceanografa Sylvia Earle e ha affermato che «Ttrovare modi per condividere l’importanza di proteggere il nostro oceano con il mondo può portare ad un’azione vitale per preservare anche la fauna selvatica costiera».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.