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Per Ispra quest’anno si potranno abbattere in deroga fino a 160 lupi

Le quote massime per gli esemplari ritenuti pericolosi vanno da 1-2 in Alto Adige a 13-22 in Toscana
 |  Natura e biodiversità

A fronte di circa 3.300 lupi presenti in Italia (in base al censimento Ispra completato nel 2021), nel 2025 le Regioni e le Province autonome potranno chiedere abbattimenti in deroga nel caso di esemplari confidenti, pericolosi o dopo attacchi ripetuti ad aziende zootecniche, fino a un massimo di 160 lupi.

È quanto emerso ieri dai nuovi protocolli tecnici illustrati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) alle amministrazioni regionali, come spiega sulle colonne de Il Dolomiti Mauro Fattor, docente al master Fauna e Human Dimension dell'Università dell'Insubria e membro dell'associazione teriologica italiana.

«Per la prima volta – sottolinea Fattor – si stabilisce una quota massima di prelievi suddivisa su base regionale, provinciale per Trento e Bolzano, in base ai dati del censimento nazionale del 2021, che stimava la presenza in Italia di circa 3.300 lupi. La quota ammessa di prelievi in deroga è tra il 3 e il 5%, dunque tra 100 e 160 lupi, una quota estremamente prudenziale, con le relative quote locali in base alle effettive consistenze territoriali. Tanto per essere chiari: il Trentino nel 2025 potrà prelevare 3-5 esemplari, l’Alto Adige 1-2, il Piemonte 10-17, l’Emilia-Romagna 9-15, la Toscana 13-22 e via dicendo. Tutto ciò da subito, anche se il Piano d’azione nazionale, fermo dal 2015, non è ancora stato approvato. L’altra notizia è che si cercherà di rimetterlo in pista al più presto e di sottoporlo in tempi relativamente rapidi alla Conferenza Stato-Regioni».

In Italia il lupo, all’inizio degli anni ’70, era sull’orlo dell’estinzione: ne rimaneva una piccola popolazione residua in Italia centro-meridionale, e venne dunque approvata una tutela integrale della specie, che da allora è tornata in modo naturale a popolare lo Stivale, contribuendo peraltro a contenere la presenza di ungulati. Da allora, la decisione presa ieri rappresenta la prima pianificazione a priori di una quota abbattimenti ritenuta sostenibile, con lo scopo di contenere abbattimenti incontrollati da parte delle amministrazioni regionali e provinciali.

«Non è apertura della caccia, non è l’abbandono di una politica rigorosa di tutela della specie – argomenta Fattor – Su questo punto Ispra è stata estremamente chiara, qualunque cosa accada in Europa con la procedura di abbassamento dello status di protezione, l’obbligo per gli Stati è e sarà sempre quello di mantenere uno stato favorevole di conservazione della specie e il controllo spetta ad Ispra e al ministero per l’Ambiente. Questo obbliga un po’ tutti a mettersi con decisione o a rafforzare le politiche di prevenzione e costituisce un primo passo importante, anche e soprattutto a livello di messaggio politico, per cercare di ragionare in modo intelligente e costruttivo su quello che potrebbe accadere di qui a un anno quando, verosimilmente, il nuovo status di protezione passerà a livello europeo».

A inizio dicembre la Convenzione sulla conservazione della vita selvatica e degli habitat naturali in Europa (ovvero la Convenzione di Berna) ha infatti votato a favore dell’abbassamento dello status di protezione del lupo, avviando l’iter per il declassamento del lupo da "specie di fauna rigorosamente protetta" a semplice "specie di fauna protetta". Ma presto la Corte di giustizia dell’Ue potrebbe imporre una marcia indietro, perché cinque associazioni animaliste hanno presentato ricorso.

Green impact (Italia), Earth (Italia), Nagy Tavak (Ungheria), Lndc animal protection (Italia), One Voice (Strasbourg, Francia), grazie anche alla donazione della Gallifrey Foundation, hanno annunciato proprio oggi l’avvio dell’iter per il ricorso al Tribunale generale dell'Unione europea, motivandolo con la mancanza di supporto scientifico al declassamento del lupo: mancanza che è già stata evidenziata dalla Large carnivore initiative for Europe della Iucn e da centinaia di scienziati, oltre ad essere rimarcata in un rapporto finanziato proprio dalla Commissione Ue nel 2023 e pubblicato lo scorso mese dall'Istituto norvegese per la ricerca sulla natura (Nina).

Redazione Greenreport

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