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Dalla laguna di Orbetello una mancata occasione per innovare la gestione dei Parchi naturali
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La recentissima istituzione del “Parco di Orbetello”, anzi, parafrasando il legislatore, del “Parco ambientale per lo sviluppo sostenibile della laguna di Orbetello” merita un’attenta riflessione. Appare opportuno (e proficuo), per questa disamina, partire dalle considerazioni finali scaturite dagli “Stati generali delle aree naturali protette” del dicembre (17-18) scorso.
La conclusione di quelle intense giornate di studio e confronto verteva, principalmente, nel superare quel limite culturale che definisce i parchi naturali in "vincoli e divieti" e far prevalere, invece, il principio di opportunità per il territorio, costruire una rete delle aree protette italiane e, conseguentemente, allinearsi con le indicazioni della Ue. Questo rispettabile punto di vista non deve però far dimenticare lo scopo stesso dei Parchi: tutelare e proteggere la biodiversità animale e vegetale in tutte le sue forme.
È necessario ricordare che in Italia si contano attualmente circa 1.049 aree protette secondo la seguente suddivisione: 24 Parchi nazionali; 30 Aree marine protette (il Santuario Pelagos e 2 parchi archeologici sommersi); 149 Riserve naturali statali; 149 Parchi regionali; 450 Riserve regionali; 5 Parchi geominerari, senza considerare i numerosi siti della rete Natura 2000, i siti Ramsar, le riserve Mab (Programma Uomo e Biosfera) dell’Unesco e, in ultimo, le zone Zsc (Zone speciali di conservazione); inoltre, non trascuriamo il fatto che viene richiesto il massimo impegno da parte delle istituzioni anche e direi, soprattutto, in vista degli ambiziosi obiettivi della cosiddetta “Strategia europea per la biodiversità” di arrivare entro il 2030 al 30% di territorio italiano protetto sia a terra che a mare. Attualmente la superfice complessiva protetta è meno del 10%, quindi passare al 30% in appena 5 anni rappresenta un obiettivo ambizioso e che richiederebbe una programmazione attenta e scrupoloso oltre ad un cronoprogramma attuativo serio: auguriamoci che ciò avvenga.
Del resto, con un naturale orgoglio (non certo per nostro merito) possiamo affermare che il nostro Paese è uno dei primi al mondo per biodiversità, ciò giustifica l’elevato numero di aree protette già istituite e le altre che verranno istituite.
Ritornando al nostro “Parco ambientale della laguna di Orbetello”, non possiamo non osservare che il Parco stesso verrà gestito da un consorzio, con sede nel Comune di Orbetello, avente personalità giuridica di diritto pubblico, al quale partecipano il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, la Regione Toscana, la Provincia di Grosseto, il Comune di Orbetello e il Comune di Monte Argentario; inoltre, al Parco in parola non si applicheranno le disposizioni della legge 6 dicembre 1991, n. 394 che, per quanto annosa e per molti aspetti da rivedere, resta comunque l’unica norma cogente oggi esistente nell’ordinamentale dello Stato.
Sfuggono i motivi del perché non sia stato istituito un Parco naturale vero e proprio e, magari, con l’occasione sperimentare sistemi innovativi per migliorare la gestione del Parco stesso. La soluzione voluta dall’odierno legislatore, invece, si è orienta sul sistema consortile: chissà perché!
Una vera auspicabile riforma, invece, a nostro modo di vedere, dovrebbe superare le scelte che nel tempo hanno portato la governance delle aree protette nazionali ad essere condizionata da istanze locali e in molte occasioni anche partitiche, ribadendo la centralità della conservazione della biodiversità secondo criteri scientifici e tecnici; soprattutto, ci si attende una riforma efficace, capace di proporre modelli in grado di trasformare le oltre mille aree protette italiane in un vero e proprio “sistema” o “rete” coniughi la tutela della natura e sviluppo sostenibile nelle aree interessate.
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