Quanti sono i lupi in Italia? Solo 3.501
Dallo studio “Estimating distribution and abundance of wide-ranging species with integrated spatial models: Opportunities revealed by the first wolf assessment in south-central Italy”, pubblicato su Wiley Ecology & Evolution da Vincenzo Gervasi, Paola Aragno, Romolo Caniglia, Daniele De Angelis, Elena Fabbri, Valentina La Morgia, Edoardo Velli e Piero Genovesi (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - Ispra), Valeria Salvatori (Istituto di Ecologia Applicata) e Francesca Marucco (università di Torino), viene fuori che «unendo le due distribuzioni posteriori ottenute nel nostro studio per la porzione centro-meridionale della popolazione e in Marucco et al. ( 2023 ) per la porzione alpina della popolazione, abbiamo stimato una dimensione totale della popolazione di 3501 lupi (SD = 249,5; IC al 95% = da 2949 a 3945) in tutto il paese».
Le tecniche di analisi statistica utilizzate per questo studio sono tra le più avanzate e affidabili per studiare una popolazione animale e i ricercatori evidenziano che «Gli esseri umani dovranno aumentare la loro consapevolezza sulla presenza del lupo e modificare di conseguenza alcuni dei loro comportamenti. Dovrebbero essere messe in atto azioni di gestione per ridurre i rischi di incontri tra uomo e lupo, ad esempio riducendo la disponibilità di cibo nelle aree urbane e periurbane, e per promuovere l'evitamento attivo degli esseri umani da parte dei lupi. D’altro canto, i lupi nelle aree recentemente colonizzate e densamente abitate hanno maggiori probabilità di essere soggetti a rischi di mortalità legati all'uomo, come incidenti stradali, bracconaggio, avvelenamento, ecc. Questi rischi sono già stati evidenziati come le principali fonti di mortalità del lupo in Italia, e quindi probabilmente costituiranno forti fattori di dinamica delle popolazioni di lupo anche negli anni futuri».
Il team di ricerca avverte che «Il valore di una prima valutazione nazionale, come quella risultante da questo lavoro e da Marucco et al. (2023 ), è quello di porre un primo passo verso l'attuazione di un programma nazionale di monitoraggio, basato su indagini periodiche della popolazione di lupi e con l'obiettivo di rilevare non solo le tendenze della popolazione ma anche di esplorare i modelli e le cause della mortalità del lupo, della riproduzione e i tassi di ibridazione dei cani lupo e gli altri parametri fondamentali necessari per costruire un modello di popolazione affidabile. La necessità di tale strumento è ancora più cruciale in questo periodo di transizione, in cui si sta verificando il passaggio da un approccio puramente protettivo a uno più attivo (compreso il controllo letale) nella gestione e conservazione del lupo. L’Italia condivide questo cambiamento e le sue sfide con molti altri paesi europei. A questo scopo, il nostro lavoro di simulazione fornisce una base quantitativa per aiutare manager e ricercatori a trovare un buon equilibrio tra i requisiti degli strumenti statistici e i limiti delle risorse disponibili, quando si imposta un programma di monitoraggio a lungo termine per specie elusive ad ampio raggio».
Lo studio, che smentisce l’invasione dei lupi In Italia e ridicolizza di fatto le campagne politiche allarmistiche sugli enormi branchi di lupi che scorrazzerebbero dalle Alpi alla Calabria facendo stragi e mettendo in pericolo la sicurezza delle persone, presenta invece – in tutta la sua complessità storica, ambientale e sociale - un fenomeno naturale e un recupero di successo di una specie che avevamo quasi estinta e che sarebbe ben gestibile sia per numeri che per disponibilità tecnico-finanziarie.
Inoltre, questo importante censimento scientifico arriva praticamente alla vigilia della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue che inizierà a preparare l’incontro del Consiglio europeo ambiente sulla proposta di abbassare le tutele per il lupo, fortemente sostenuta dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Enpa, Federazione Nazionale Pro Natura, Lav, Leidaa, Lndc Animal Protection, Oipa e Wwf hanno inviato una nota al governo italiano nella quale si legge che «Abbassare lo status di protezione del lupo, come propone la Commissione europea, sarebbe una decisione fondata non su solide basi scientifiche, ma su motivazioni squisitamente politico-elettorali. La proposta dev'essere quindi respinta: invece devono essere promosse, finanziate e rigorosamente applicate misure per assicurare la convivenza tra comunità locali e lupi - le uniche veramente efficaci ai fini della prevenzione - e garantita all'opinione pubblica una corretta informazione sulla diffusione e sul comportamento della specie e dei grandi carnivori in generale».
Secondo le associazioni animaliste e ambientaliste «Non esiste alcuna valida motivazione per accogliere la proposta, in considerazione anche della piaga del bracconaggio che, solo in Italia, colpisce centinaia di individui. Sarebbe la prima volta che l'Ue presenta al Comitato permanente della Convenzione di Berna la richiesta di abbassare lo status di protezione di una specie, per di più iconica, in piena contraddizione con la propria agenda “green” di tutela della biodiversità e con l’opinione della maggioranza dei cittadini europei che chiedono più garanzie per la difesa del patrimonio naturale».
Le 7 associazioni fanno presente al governo di destra italiano (che per la verità le misure anti-lupo le ha sempre sollecitate) che «se l’obiettivo è quello di accontentare le frange estremiste del mondo degli allevatori non virtuosi, che si rifiutano di applicare qualsiasi strumento di prevenzione, si ricorda che il controllo del lupo in alcuni Stati membri si è rivelato inutile e, anzi, più dannoso, poiché aumenta le predazioni. Se il problema esiste, è perfettamente risolvibile applicando i sistemi di prevenzione - almeno due in contemporanea tra recinzioni mobili, cani da guardiania, sorveglianza - strumenti che rimangono inapplicati o non adeguatamente utilizzati. Peraltro, i danni sono risibili. Per intenderci, ogni anno i presunti lupi (poiché spesso è impossibile stabilire se proprio di lupi si tratta) predano lo 0,065 per cento degli ovini allevati in Europa, animali non adeguatamente protetti. Non solo: i livelli di predazione sono più bassi dove la presenza di grandi carnivori è stata continua rispetto alle aree in cui sono scomparsi e ritornati negli ultimi 50 anni. L’incidenza dipende anche dalla disponibilità di prede naturali (in tal senso si ricorda il ruolo fondamentale dei lupi nel controllo di specie ritenute nocive come i cinghiali), dalle caratteristiche del paesaggio e dall'utilizzo delle misure di protezione».
Per le associazioni, «ad oggi quindi la possibilità di declassare il lupo per poi consentirne le uccisioni da parte degli Stati membri è del tutto ingiustificabile. Ci sono altre soluzioni soddisfacenti, purtroppo ignorate, per agevolare la convivenza tra l’uomo e i grandi carnivori. In più si smentirebbero gli impegni internazionali dell’Unione, compreso l'"Accordo-quadro globale sulla biodiversità di Kunming e Montreal” che sul tema ha la stessa importanza dell’accordo di Parigi sul clima».
Inoltre, concludendo, le associazioni si augurano che «Il prossimo evento di Life WolfAlps EU, tre giorni fitti di incontri tra specialisti e amministratori in programma dal 17 al 19 maggio, serva a consolidare la politica di rigorosa protezione seguita finora. Peccato che si organizzi a Trento, dove, l’anno scorso, è partito il primo tentativo (fallito) di uccidere dei lupi legalmente».