Tutela degli habitat e non solo, il piano per la conservazione dell’Appennino settentrionale
Ripristino del paesaggio e dei processi naturali, sostegno alla connessione ecologica e la resilienza climatica, recupero delle foreste e degli ambienti che ospitano le specie e gli habitat minacciati attraverso una gestione sostenibile, supporto alle attività rurali tradizionali e riconoscimento di tale attività come ‘servizio ecosistemico’. Nella VI edizione del Forum degli Appennini, Legambiente ha presenta il Piano di Conservazione dell'Appennino Settentrionale, redatto con un processo partecipativo dal basso che ha coinvolto partner e stakeholder, realizzato nell’ambito del progetto Ape Toe (Ripristino Praterie e Foreste dell’Appennino Tosco-Emiliano), finanziato dall’Endangered Landscapes & Seascapes Programme e gestito da Cambridge Conservation Initiative in collaborazione con Arcadia. Un piano strategico preciso e documentato, focalizzato su un territorio emblematico dell’intero arco appenninico cui il Piano verrà proposto ed esteso nel corso del 2025.
La catena montuosa degli Appennini si sviluppa per 1.300 chilometri e interessa 9,4 milioni di ettari (31% del territorio nazionale). Montagna abitata per eccellenza, contempla 14 regioni, 48 province e 2.157 comuni (il 27% del totale) per la gran parte piccoli o piccolissimi, nei quali vivono oltre 10milioni di abitanti. Il territorio per il 39,3% è interessato da superfice forestale e per il 45,6% da superfice agricola di cui il 25% a prato-pascolo. Le produzioni Dop e Igp sono il 15% del totale nazionale e il valore aggiunto dell’agroalimentare negli Appennini rappresenta il 20% del paese.
Nel cuore della natura italiana risiede anche un vastissimo patrimonio culturale materiale e immateriale costituito da beni culturali, tradizioni, paesaggi agrari, comunità locali. Gli Appennini, quindi, rappresentano una risorsa strategica per l’intero Sistema Paese per la ricchezza di acqua, foreste, energia e materie prime, opportunità ricreative e turistiche, biodiversità che può contare su 32 diversi ecosistemi dove vivono specie faunistiche rare ed a rischio. Tra le montagne del Mediterraneo gli Appennini hanno la percentuale più alta di protezione: il 30% del suo territorio è tutelato da 166 aree protette (parchi e riserve, nazionali e regionali), 993 siti Natura 2000 (Zone Speciali di Conservazione e Zone di Protezione Speciale), e diversi riconoscimenti Unesco (siti del Patrimonio Mondiale, Global Geoparc, Riserve della Biosfera-Mab).
Eppure, gli Appennini sono sempre più fragili a causa dello spopolamento e l’abbandono, per la marginalità rispetto alle traiettorie di sviluppo e per gli effetti del cambiamento climatico che rendono ancora più vulnerabile l’intera dorsale interessata da sempre da un elevato rischio sismico e idrogeologico.
Da questo assunto nasce l’idea di proporre il Piano di Conservazione dell'Appennino Settentrionale, redatto nell’ambito del progetto Ape Toe (Ripristino Praterie e Foreste dell’Appennino Tosco-Emiliano), all’intero arco appenninico nel corso del 2025, per celebrare idealmente anche i 30 anni del progetto Ape Appennino Parco d’Europa, promosso da Legambiente appunto nel 1995 in collaborazione con la Regione Abruzzo e con il sostegno del ministero dell’Ambiente.
«Il sistema territoriale e ambientale appenninico sarà decisivo per attuare le strategie climatiche e per questo crediamo necessario recuperare programmi come il progetto Ape – Appennino Parco d’Europa che nel 2025 compirà 30 anni, le cui intuizioni e strumenti operativi come la Convenzione degli Appennini, sono ancora attualissimi – ha dichiarato il responsabile Aree protette e biodiversdità di Legambiente Antonio Nicoletti -. Il progetto Ape Toe, che interessa l’areale compreso tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano, va nella direzione di affrontare la sfida del climate change in un contesto ricco di biodiversità ma fragile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Con il Piano di Conservazione dell’Appennino Settentrionale puntiamo alla conservazione di ambienti forestali, praterie di alta quota e castagneti fondamentali per mantenere attività antropiche tradizionali che, a loro volta, garantiscono presidi territoriali contro lo spopolamento e l’abbandono del territorio. Ape Toe è un progetto prototipo ambizioso che punta a diventare un riferimento per altre aree dell’arcata appenninica».
Il Piano di Conservazione dell'Appennino Settentrionale presentato oggi a Fivizzano durante un incontro fortemente partecipato, vuole avviare un ripristino a vasta scala del paesaggio agro-pastorale appenninico in grado di mantenere alti livelli di biodiversità recuperando habitat e processi ecologici, favorendo la resilienza climatica e l’attrattività per un turismo sostenibile e il benessere delle comunità in un territorio che contempla 45 habitat di interesse comunitario, 52 specie di interesse comunitario, 56 specie vegetali endemiche (di cui 19 esclusive delle Alpi Apuane) e 18 specie animali; sono 29 le zone Natura 2000 tra il Parco Nazionale dell’Appennino tosco- emiliano, i Parchi regionali delle Alpi Apuane e delle Valli del Cedra e del Parma, la riserva Mab Unesco appennino Tosco Emiliano.
L’area di indagine è caratterizzata da una prevalenza di foreste naturali, con significative porzioni di praterie e arbusteti naturali, una moderata presenza di attività agricole e una limitata urbanizzazione e industrializzazione, il tutto completato da piccole ma ecologicamente importanti zone umide.
Le azioni puntuali previste dal Piano riguardano in primis la consapevolezza dei cittadini e dei portatori di interesse sul valore del paesaggio e della biodiversità e sull’importanza della gestione sostenibile e responsabile delle foreste, delle praterie e dei pascoli. Da questo obiettivo si diramano le azioni successive mirate al sostegno e all’ottimizzazione delle esperienze imprenditoriali ed economiche, piccole realtà che svolgono un importante ruolo pioneristico, assicurando servizi ‘ecosistemici’ indiretti, con ricadute positive per la conservazione del paesaggio degli equilibri ecologici, di presidio del territorio, di manutenzione e prevenzione del rischio idrogeologico, di miglioramento della resilienza alle pressioni indotte dai cambiamenti climatici.
In estrema sintesi, il Piano prevede l’attivazione di una rete di operatori economici, il supporto degli interventi di ripristino degli habitat naturali attraverso lo sviluppo della Banca regionale del germoplasma, l’istituzione di nuovi Siti Natura 2000 e l’ampliamento delle Zsc esistenti.
Tra le attività più interessanti in tema di praterie e pascoli, la promozione di una scuola di pastori - che rappresenta uno strumento importante per il contrasto allo scarso ricambio generazionale, uno dei problemi maggiori che affliggono la pastorizia e l’allevamento in generale – e la definizione di standard di certificazione per promuovere il pagamento di crediti di sostenibilità per la gestione sostenibile degli agroecosistemi e di altri ambienti seminaturali. Questa azione si pone l’obiettivo anche di analizzare le metodologie e i possibili scenari legati al loro locale utilizzo in ambienti diversi da quelli forestali, con priorità per i servizi ecosistemici di “conservazione degli habitat” e “impollinazione”. In tutta l’area di progetto sono state previste attività mirate al mantenimento e all’aumento delle superfici dei prati pascolati fortemente diminuiti negli ultimi decenni, mentre in tema di foreste invece, l’obiettivo è ampliare l’adesione al sistema di pagamento dei crediti forestali di sostenibilità, promuovendo un Piano di gestione forestale sostenibile e responsabile che coinvolga una porzione significativa delle foreste presenti nell’area di progetto appartenente a piccoli proprietari privati attualmente esclusi dal Gruppo di certificazione. Ciò allo scopo di migliorare l’erogazione dei servizi ecosistemici a protezione della salute, del benessere e dei beni della popolazione e nel contempo minimizzare gli impatti dei cambiamenti climatici, favorendone l’adattamento.
Importante anche rafforzare le connessioni ecologiche per le specie di foreste mature: è necessario rafforzare le connessioni ecologiche fra Appennino e Alpi Apuane per le specie animali di foreste mature, attraverso il recupero dei castagneti tradizionali (vetusti), attualmente a rischio scomparsa, e aumentare le superfici dei nuclei di conifere appenniniche autoctone come gli abeti-faggeta dell’alto Appennino settentrionale e le formazioni a Pino silvestre della fascia collinare emiliana di grande interesse conservazionistico ma purtroppo circoscritte a porzioni limitate di territorio.
Le zone umide rappresentano un altro focus importante del Piano che mira a migliorare lo stato di conservazione delle specie acquatiche e palustri, con interventi per aumentare la connessione tra le zone umide attuali e potenziali in tutta l’area di progetto: Lago Peloso, invasi artificiali, ambienti umidi dei Prati di Logarghena, dell’alto corso del torrente Rosaro, dello stagno dei prati di Camporaghena, delle torbiere del Monte Palodina e dei prati umidi di Gorfigliano.
Nel complesso, proiettando il Piano su tutto l’arco appenninico, occorre quindi consolidare il ruolo della dorsale come spazio decisivo per attuare strategie per contenere il climate change e frenare la perdita di biodiversità, puntare sulla produzione di cibo attraverso le produzioni biologiche rafforzando l’economia circolare e l’ecoturismo, promuovere i servizi territoriali necessari per valorizzare le Green community e raggiungere gli obiettivi della Ue al 2030.