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L’abbassamento dello status di protezione dei lupi? «Sarà un boomerang anche per gli allevatori»

In vista della giornata mondiale dei diritti degli animali, il Wwf ricorda come il declassamento della specie sia un provvedimento senza basi scientifiche che non diminuirà i conflitti con la zootecnia e l’impatto del bracconaggio
 |  Natura e biodiversità

Che non tirasse una buona aria per i lupi era emerso già a novembre. Poi la scorsa settimana è arrivata la conferma: con un pronunciamento della Commissione di Berna, la specie è stata portata da «rigorosamente protetta» a semplicemente «protetta». Ora, alla vigilia della giornata mondiale dei diritti degli animali, il Wwf ricorda come gli abbattimenti dei predatori apicali, come il lupo, non risolvano il conflitto con gli allevatori e non diminuiscano le predazioni sul bestiame. In particolare, gli effetti del declassamento del lupo, se dovesse compiersi l’intero iter burocratico che si concluderebbe con la modifica della Direttiva Habitat, saranno diversi da quelli ipotizzati dalla proposta della Commissione europea.

Il ragionamento evidenziato dall’associazione animalista è tanto semplice quanto fondato: gli abbattimenti, a quel punto compatibili con la nuova classificazione del lupo, possono provocare la destrutturazione sociale dei branchi per la morte degli individui dominanti, con conseguente aumento della predazione locale sul bestiame domestico non adeguatamente custodito. L’aumento di individui solitari a discapito di nuclei familiari stabili può quindi avere effetti negativi anche a livello ecologico con una minore efficacia del lupo nel controllo delle popolazioni di ungulati selvatici (in primis il cinghiale) che, se sovrabbondanti, danneggiano le colture e il sottobosco. L’abbassamento dello stato di protezione del lupo, inoltre, può diffondere un messaggio di minore gravità degli atti di bracconaggio a danno della specie e aumentare di conseguenza anche le uccisioni illegali, che già oggi colpiscono diverse centinaia di lupi ogni anno in Italia. Inoltre, l’applicazione delle disposizioni che consentiranno l’abbattimento dei lupi sarà sicuramente oggetto di contenzioso in sede amministrativa in un settore che già oggi è fortemente caratterizzato da ricorsi giudiziari. 

Questo è l’allarme che il Wwf Italia rilancia oggi, a seguito dell’approvazione definitiva del declassamento del lupo, da «rigorosamente protetto» a semplicemente «protetto», votata dal Comitato permanente della Convenzione di Berna. Un declassamento che, sottolinea il Panda, ha il sapore di un ritorno al passato, quando fino a mezzo secolo fa, i lupi venivano uccisi ed esposti come prede di caccia. Una decisione che va contro il parere degli esperti e della scienza e che si ritorcerà contro gli stessi allevatori: l’approvazione definitiva del declassamento del lupo può rivelarsi per loro una vera e propria beffa poiché da “destinatari” della scelta tutta politica potrebbero divenire insieme al lupo le vere vittime del provvedimento che, come dimostrano diversi studi scientifici, non diminuirà le predazioni sul bestiame nel lungo termine. 

Il comparto zootecnico vedrebbe di fatto poi molto diminuiti gli sforzi che l’Unione europea stessa ha introdotto da anni per favorire la coesistenza con i mezzi di prevenzione, unica soluzione davvero efficace sul lungo termine per la mitigazione dei conflitti. 

Il Wwf sottolinea come le misure più efficaci per mitigare il conflitto con le attività zootecniche sono quelle che prevedono l’utilizzo di cani da guardiania, di ricoveri notturni per il bestiame e recinzioni elettrificate nelle aree di pascolo. Per ottenere una maggiore efficacia la migliore soluzione è la combinazione di diverse strategie di prevenzione combinata ad un’analisi dettagliata del contesto locale in cui vengono attuate. 

«Gli abbattimenti dei lupi come soluzione agli attacchi di bestiame  non sono una soluzione e possono addirittura in alcuni casi aumentare localmente le predazioni sul bestiame domestico – ha dichiarato Isabella Pratesi, direttore conservazione del Wwf Italia – Ad esempio, la destrutturazione sociale dei branchi causata dalla morte degli individui dominanti può portare i giovani lupi ormai solitari a dirigere le proprie preferenze verso animali da reddito non custoditi, più facili da predare, generando una situazione apparentemente paradossale ma reale che vede allo stesso tempo sullo stesso territorio meno lupi ma più danni al comparto zootecnico. Una beffa e una bugia tutta politica che ci riporta indietro di decenni. Come Wwf continueremo a lavorare con le comunità per favorire la coesistenza con mezzi di prevenzione e campagne educative, uno sforzo necessario e che portiamo avanti da anni anche per un’altra specie iconica dell’Appennino, l’orso bruno marsicano. Il lupo merita rispetto, come anche le comunità locali alle quali non va raccontata la ‘favola’ del lupo cattivo, ma la verità della scienza».  

A riprova di come gli abbattimenti non risolvano il conflitto, alcuni studi dimostrano che anche abbattimenti di interi branchi possono non avere effetti a lungo termine. I dati evidenziano che anche in aree ad elevati tassi di prelievi di lupi spesso le predazioni sul bestiame diminuiscono solo per un breve periodo appena successivo agli abbattimenti. Se il contesto ambientale è infatti idoneo alla presenza della specie, altri lupi ricolonizzeranno quell’area e senza adeguata prevenzione il conflitto si riaccenderà. La prevenzione, attuata nelle corrette modalità, invece garantisce la riduzione delle predazioni sul medio-lungo termine e una coesistenza duratura.  

Declassare il lupo significa per l’Europa un disimpegno dagli obiettivi di coesistenza e dai necessari investimenti in termini di prevenzione dei conflitti. Proporre come soluzione al conflitto l’abbassamento del livello di protezione della specie e prevedere una maggiore flessibilità per gli Stati membri nell’attuare piani di abbattimento prende in giro in primis gli allevatori, sottolinea il Wwf, che vedranno molto ridotto il supporto delle istituzioni locali e nazionali nell’applicazione di strategie di prevenzione davvero efficaci. Ue e associazioni agricole e zootecniche, conclude il Panda, dovranno rispondere nei prossimi anni agli stessi allevatori dell’inefficacia delle scelte fatte.

Redazione Greenreport

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