Azione legale per salvare i pinguini africani dall’estinzione. Ambientalisti contro il governo del Sudafrica
Il Biodiversity Law Centre, che rappresenta BirdLife South Africa e la Southern African Foundation for the Conservation of Coastal Birds (SANCCOB), ha avviato uno storico contenzioso all’Alta Corte di Pretoria per salvare l’unica specie di pinguino africana: il pinguino africano (Spheniscus demersus) in via di estinzione.
La causa intentata contro la ministra delle foreste, della pesca e dell’ambiente del Sudafrica, Barbara Creecy, punta alla revisione e all’annullamento della decisione del ministro del 4 agosto 2023 sulle chiusure alla pesca intorno alle principali colonie riproduttive dei pinguini africani che gli ambientalisti non ritengono chiusure biologicamente significative e avvertono: «Se non si farà di più per frenare l’attuale tasso di declino della popolazione, il pinguino africano rischia l’estinzione in natura entro il 2035. La crisi è causata principalmente dalla loro mancanza di accesso alle prede, per la quale devono competere con la pesca commerciale con reti a circuizione che continua a catturare sardine e acciughe nelle acque circostanti le 6 più grandi colonie riproduttive di pinguini africani. Fondamentalmente, queste 6 colonie ospitano circa il 90% dei pinguini africani del Sud Africa».
La direttrice esecutiva del Biodiversity Law Centre, Kate Handley, ha sottolineato che «Questa è la prima causa in Sud Africa che invoca l’obbligo costituzionale del ministro di prevenire l’estinzione di una specie in via di estinzione. Ne consegue l’incapacità – almeno dal 2018 – di attuare chiusure biologicamente significative intorno alle aree di riproduzione dei pinguini africani, nonostante le prove scientifiche che tali chiusure migliorino l’accesso delle specie alla loro fonte alimentare fondamentale di sardine e acciughe, contribuendo così ad arrestare il declino dei pinguini africani. Il ministro ha l’obbligo statutario e costituzionale di garantire che siano messe in atto le misure necessarie per prevenire l’estinzione del pinguino africano. Il ministro non ha rispettato questi obblighi nei confronti dei pinguini africani, dei sudafricani, della comunità internazionale e delle generazioni future. E’ per questo motivo che porteremo il suo ufficio in tribunale».
Il Biodiversity Law Centre accusa il ministero di aver anteposto per più di 6 anni una soluzione basata sul consenso politico al suo obbligo di garantire la sopravvivenza del pinguino africano in via di estinzione. Nel frattempo, la popolazione dei pinguini africani ha subito un allarmante calo dell’8% all’anno.
Alistair McInnes, responsabile conservazione degli uccelli marini di BirdLife South Africa, fa notare che «La sopravvivenza del pinguino africano dipende dalla decisione giusta presa ora. I pinguini africani nelle colonie riproduttive hanno bisogno di accesso al cibo. La nostra denuncia mira a far sì che il ministro prenda decisioni basate sulla scienza, fondate sul principio di precauzione riconosciuto a livello internazionale e sancito dalla Costituzione. Questo è qualcosa che il ministro ha costantemente omesso di fare dal 2018, nonostante abbia richiesto molteplici revisioni».
Il nocciolo della denuncia ambientalista contro la ministra delle foreste, della pesca e dell’ambiente è la sua incapacità di attuare chiusure biologicamente significative attorno alle aree di riproduzione dei pinguini africani. Invece, il 4 agosto 2023, ha annunciato la continuazione di “chiusure provvisorie” inadeguate attorno alle colonie riproduttive a Dassen Island, Robben Island, Stony Point, Dyer Island, St. Croix Island e Bird Island. Chiusure che sono state imposte per la prima volta nel settembre 2022, mentre un team internazionale di esperti ha esaminato approfonditamente i dati scientifici raccolti a partire dal 2008 come parte di un Island Closure Experiment (ICE) e ha ritenuto che «La chiusura delle zone di pesca di sardine e acciughe alla pesca commerciale di piccoli pelagici intorno alle 6 principali colonie riproduttive costituisce un intervento di conservazione appropriato e necessario con benefici dimostrabili per le popolazioni di pinguini africani». Inoltre, il team internazionale di esperti ha fornito un metodo per determinare una demarcazione appropriata delle aree intorno alle isole per ottimizzare i benefici delle chiusure ai pinguini africani, riducendo al minimo i costi per l’industria della pesca a circuizione per i piccoli pelagici, mettendo così fine ai dibattiti scientifici su come determinare le linee di chiusura e ha anche confermato il metodo appropriato per determinare l’area di foraggiamento preferita dei pinguini africani.
Le raccomandazioni del team sono state fornite alla Creecy nel luglio 2023 con il preciso scopo di consentirle di prendere decisioni definitive e su base scientifica in merito alla chiusura delle isole dopo anni di indecisione e dibattiti. Intanto, nel 2023, i pinguini africani sono scesi per la prima volta nella storia sotto la soglia delle 10.000 coppie nidificanti. Il 4 agosto 2023 il ministro ha annunciato la sua decisione.
Katta Ludynia, responsabile della ricerca di SANCCOB, accusa: «La ministra è stata selettiva riguardo alle raccomandazioni da seguire. Inspiegabilmente, non è riuscita a seguire la raccomandazione essenziale su come dovrebbero essere delineate le chiusure. La ministra ha invece deciso di prorogare le chiusure provvisorie senza senso, a meno che non si raggiunga un accordo tra il settore della conservazione e l’industria della pesca su un’alternativa. La popolazione di pinguini africani in Sud Africa è crollata da 27.151 coppie riproduttrici nel 2008, quando è iniziato l’ICE, a 15.187 coppie riproduttrici quando i risultati dell’esperimento sono stati pubblicati per la prima volta e sottoposti a revisione paritaria nel 2018, e ora a solo circa 8.750 coppie riproduttrici. La ministra purtroppo non è intervenuta. Chiusure biologicamente prive di significato sono ora in vigore fino al dicembre 2033: poco più di un anno dalla possibile data di estinzione del 2035».
Per BirdLife South Africa e SANCCOB è un approccio palesemente irrazionale, primo perché non è chiaro il motivo per cui dovrebbero essere seguite certe raccomandazioni ma non altre:, secondo, soprattutto perché le stesse chiusure provvisorie non sono in grado di raggiungere il loro scopo, vale a dire ridurre la concorrenza tra i pinguini africani e l’industria della pesca commerciale di sardine e acciughe con reti a circuizione.
McInnes. aggiunge: «Inoltre, l’idea che una serie alternativa di chiusure possa essere delineata da un accordo tra ambientalisti e industria vanifica lo scopo del panel, che è stato avviato per porre fine a molti cicli di disaccordo tra questi gruppi di stakeholder e i vari rami focalizzati sulla conservazione e sulla pesca del Department of Forestry, Fisheries and the Environment (DFFE)»
Secondo la Handley la ministra ha agito illegalmente: «La Costituzione e il progetto legislativo danno origine al dovere di attuare misure urgenti per prevenire l’imminente estinzione del pinguino africano. Queste includono l’imposizione di chiusure di pesca che limitano le attività di pesca delle acciughe e delle sardine con reti a circuizione. Nonostante questo chiaro obbligo, il Ministro ha costantemente omesso di attuare tali chiusure. Il ministero è nella posizione giusta per garantire che le necessarie azioni di conservazione siano attuate con urgenza. Cosa stiamo facendo riguardo a questa crisi? La richiesta di revisione è un caso spartiacque e potenzialmente un precedente, in quanto intende dare contenuto all’obbligo del governo sudafricano di proteggere le specie a rischio di estinzione e, in particolare in questo caso, il pinguino africano. Prende inoltre posizione sul ruolo del processo decisionale guidato dalla scienza nel garantire che le generazioni future abbiano protetti il loro ambiente e il benessere di una specie in via di estinzione».