Temperature record, a rischio estinzione il più grande mollusco bivalve presente nel Mediterraneo
Diversi allarmi erano stati già lanciati in passato. E quest’estate per la Giornata mondiale degli oceani un rapporto Wwf forniva tutti i dettagli sulle conseguenze dell’innalzamento delle temperature per le acque più vicine a noi. Ma non si tratta di una questione stagionale, né di un problema passeggero. Il cambiamento climatico minaccia di spingere diverse specie del Mediterraneo verso l’estinzione, trasformando il mare in un ambiente sempre più caldo e tropicale. Tra quelle che rischiano letteralmente di sparire vi è la Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande del Mare Nostrum. In passato era comune trovarne anche decine di esemplari in un fazzoletto di fondale ma, a partire dal 2016, un’epidemia ha determinato una mortalità senza precedenti della specie, con un tracollo di oltre il 95% delle popolazioni e l’inserimento nella lista rossa Iucn in “pericolo critico” (critically endangered).
Mentre a Baku in Azerbaijan, si sta svolgendo la COP29 - la 29esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici - gli effetti del climate change sono già immediatamente evidenti su molti esseri viventi della Terra. Il programma dell’Unione Europea per l’osservazione della Terra, Copernicus, ha già avvisato con due mesi di anticipo sulla fine dell’anno che il 2024 sarà l'anno più caldo il più caldo mai registrato e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
E se la terra scotta, il mare ribolle. In agosto la temperatura media superficiale del Mediterraneo ha stabilito un nuovo record assoluto toccando i 28,9 °C, con punte superiori ai 30 °C. L’enorme quantità di calore assorbita dal Mare Nostrum si trasferisce sotto forma di energia e umidità alla circolazione atmosferica ed è all’origine di eventi meteorologici estremi come quello di fine ottobre di Valencia, dove in sole tre ore e mezza è caduta una quantità di pioggia che di solito si attende in un intero anno.
La progressiva tropicalizzazione del Mediterraneo sta anche mettendo in pericolo la grande biodiversità di quello che è sempre stato considerato un hotspot, la casa di tante specie uniche e introvabili in altre regioni del mondo. Il riscaldamento delle acque, infatti, ha portato all’ingresso di specie “aliene”, molte delle quali provenienti dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano attraverso il Canale di Suez, che stanno rapidamente occupando le nicchie ecologiche di quelle indigene. Negli ultimi anni anche sulle coste italiane sono cominciati gli avvistamenti di specie esotiche come il pesce scorpione, il pesce palla maculato e il pesce coniglio. A fare le spese del nuovo ecosistema che si sta delineando c’è anche Pinna nobilis, conosciuta anche come “nacchera di mare”, ovvero il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo in virtù di una conchiglia che può superare il metro di altezza.
Siamo quindi a un passo dall’estinzione di un mollusco che svolge un importante ruolo ecologico perché cresce nelle praterie di Posidonia oceanica, dando vita a uno degli ecosistemi più complessi e preziosi del Mediterraneo, offre sostegno e rifugio a tante altre specie di invertebrati, filtra fino a 3.000 litri d’acqua al giorno e aiuta a contrastare l’erosione dei fondali.
Per tentare di salvare la specie, alla fine del 2021 è stato avviato il progetto europeoLIFE PINNA che si svolge in quattro regioni italiane e una slovena ed è guidato da Arpal, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure, avvalendosi di un partenariato di importanti enti pubblici e privati come l’Università di Genova, l’Università di Sassari, il Parco Nazionale dell’Asinara, la società Shoreline, l’Istituto Nazionale di Biologia della Slovenia e Triton Research.
I ricercatori stanno monitorando i fondali, per individuare e proteggere gli ultimi esemplari sopravvissuti nei nostri mari e per mettere a punto le tecniche di allevamento in cattività. Hanno anche cominciato a trasferire alcuni giovani individui in specifiche aree pilota, dal Mar Ligure all’Alto Adriatico, per cominciare il ripopolamento della specie. In particolare, negli ultimi mesi, dopo accurate analisi genetiche che hanno escluso la presenza di microrganismi patogeni, alcuni esemplari di Pinna nobilis sono stati trapiantati dalla Laguna Veneta all’Area Marina Protetta di Capo Mortola, al confine tra Italia e Francia, e vengono costantemente monitorati. Nello stesso periodo, nell'Area Marina Protetta di Bergeggi (SV) i ricercatori hanno utilizzato delle pinne realizzate con la stampante 3D del Fablab (Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare) per effettuare un test di valutazione dell’idrodinamismo dei fondali, nell’ottica di individuare i siti più protetti dalle correnti marine e dalle mareggiate. Nel laboratorio di Camogli, inoltre, i biologi stanno anche tentando la strada, mai realizzata prima per questa specie, della riproduzione in cattività che consentirebbe di allevare i molluschi prima di reintrodurli in natura. Per ora hanno ottenuto un primo grande successo, la fecondazione, portando le larve a uno sviluppo mai raggiunto in precedenza.
Perché il cambiamento climatico è un ulteriore ostacolo ai tentativi di ripopolamento
I cambiamenti climatici stanno tuttavia complicando lo sviluppo del progetto perché i ricercatori si devono confrontare con condizioni ambientali sempre più estreme. Le alte temperature del mare potrebbero avere un ruolo importante nella diffusione dell’epidemia e, la scorsa estate, l’esplosione della mucillagine nell’Adriatico ha ulteriormente rallentato il reperimento di nuovi esemplari. Il ritrovamento di individui superstiti di Pinna nobilis ancora in salute è essenziale per proteggerli e per studiare le loro capacità di adattamento a livello genetico ed ecologico. Così, per ottenere nuovi dati, sono stati coinvolti anche i comuni cittadini e le associazioni di subacquei con l’avvio di una campagna di Citizen Science denominata“Segnala la Pinna!”, che ha permesso di raccogliere su una piattaforma digitale creata ad hoc decine di segnalazioni di esemplari vivi in tutta Italia.
In parallelo alle azioni sul campo, raccontate in un documentario, Life Pinna sta dando un forte impulso alle attività di networking per collaborare con altri progetti di ricerca. Da questi incontri ha fatto nascere un gruppo di lavoro internazionale che oggi coinvolge decine di ricercatori di varie discipline, dall’ecologia alla riproduzione, che studiano Pinna nobilis in tutto il bacino Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia passando per il Nord Africa. L’obiettivo è mettere in condivisione in modo trasparente le conoscenze attuali e sviluppare nuove strategie per salvare un mollusco speciale e in pericolo come Pinna nobilis.