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Il Consiglio di Stato dà ragione alle associazioni animaliste: l’orsa F36 non doveva essere uccisa

Esprimono soddisfazione Lav, Lndc Animal protection e Wwf: «Demolite le argomentazioni utilizzate da Fugatti per giustificare la condanna a morte dell’animale, colpevole solo di aver difeso i propri cuccioli»
 |  Natura e biodiversità

L’animale nel frattempo è stato ucciso, ma quello emerso oggi è un passaggio giuridico molto importante: Lav, Lndc Animal protection e Wwf esprimono grande soddisfazione per la recente sentenza del Consiglio di Stato che dichiara illegittima l’ordinanza con cui la Provincia Autonoma di Trento intendeva uccidere l’orsa F36, poi comunque trovata morta a causa di un colpo d’arma da fuoco, come accertato dalla necroscopia effettuata sul corpo dell’animale: «La decisione del Consiglio di Stato rappresenta una vittoria importante per la protezione della biodiversità e per la tutela degli animali selvatici nel nostro Paese».

La sentenza, sottolineano le associazioni che nei mesi scorsi avevano dato battaglia contro le argomentazioni del presidente Fugatti per giustificare l’abbattimento dell’esemplare, conferma la necessità di un approccio responsabile e scientifico nella gestione del rapporto tra umani e animali selvatici protetti come gli orsi. «I giudici amministrativi hanno messo nero su bianco che il comportamento di F36, che ricordiamo era stata sorpresa da due escursionisti mentre si trovava in compagnia di un suo cucciolo, non doveva essere classificato al massimo livello di pericolosità come invece aveva fatto Fugatti per poter giustificare la sua ordinanza che ne decretava l’uccisione. Per interessi elettorali ormai da tempo si continua a giocare con la vita degli animali selvatici, piuttosto che investire in prevenzione e informazione, veri strumenti che garantiscono la sicurezza dei cittadini», scrivono le tre associazioni in una nota congiunta. «Senza allarmismi inutili e populisti, forse l’orsa oggi sarebbe ancora viva. L’amministrazione di Fugatti ha delle serie responsabilità da questo punto di vista. La stessa sentenza, infatti, ha sottolineato che il presunto allarme sociale non giustifica in alcun modo il ricorso a metodi drastici se non vengono svolte puntuali e oggettive verifiche sul comportamento degli orsi coinvolti in incidenti con le persone. Soprattutto, aggiungiamo noi, se l’allarme sociale è frutto delle campagne elettorali anti-orso messe in atto da alcuni soggetti per spaventare la popolazione e capitalizzare consenso politico sulla paura», affermano le associazioni.

Ora, assicurano, continueranno a vigilare affinché le autorità locali «sviluppino finalmente progetti che possano favorire la convivenza pacifica tra orsi e cittadini, invece di continuare a catturare e uccidere orsi che si comportano secondo la loro natura nonché a diffondere paure nei cittadini».

Dichiarano gli avvocati Michele Pezone e Paolo Letrari, rappresentanti delle tre associazioni:

«La pronuncia del Consiglio di Stato ha ribadito l’importanza del principio di proporzionalità e la necessità di applicare correttamente i criteri previsti dal Pacobace. Nemmeno tanto tra le righe, si può leggere un chiaro monito alla Provincia di Trento – condannata anche a pagare le spese legali – ad abbandonare la linea dura adottata finora e ad attenersi a quanto previsto dalle leggi nazionali e comunitarie. Possiamo senza dubbio affermare che si tratta di una sentenza storica che avrà un valore importante anche per il caso dell’orso M90 e altre azioni future».

Redazione Greenreport

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