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Le temperature sono cambiate nei due terzi delle Key Biodiversity Areas delle foreste tropicali

Appello degli scienziati alla COP16 CBD: politiche climate-smart che proteggano questi rifugi vitali
 |  Natura e biodiversità

Lo studio “Identifying climate-smart tropical Key Biodiversity Areas for protection in response to widespread temperature novelty”, pubblicato su Conservation Letters da un team di ricercatori britannici in in vista della16esima Conferenza delle parti della Convention on Biological Diversity (COP16 CBD) che inizierà il 21 ottobre a Cali, in Colombia, ha valutato 30 anni di temperature al di sotto della volta forestale nelle Key Biodiversity Areas (KBA) delle foreste tropicali di tutto il mondo, che individuano i luoghi più importanti sulla Terra per le specie e i loro habitat,  e ha scoperto che «Il 66% delle KBA nelle foreste tropicali è recentemente passato a nuovi “regimi di temperatura” (oltre il 40% delle misurazioni della temperatura sono al di fuori dell’intervallo precedentemente registrato)».  Quindi, due terzi di queste aree essenziali per la bidiversità nelle foreste tropicali stanno sperimentando nuove condizioni di temperatura a causa dei cambiamenti climatici. Nel restante 34% non si registrano ancora nuovi regimi di temperatura e i ricercatori dalle università di Exeter, Manchester Metropolitan e Cambridge suggeriscono che «Questi luoghi potrebbero rappresentare rifugi vitali per la biodiversità».

L’autrice principale dello studio, Brittany Trew, dell'Environment and Sustainability Institute del Penryn Campus di Exeter, ricorda che «Sotto la volta delle foreste tropicali, esiste una grande biodiversità in un clima molto stabile. Per questo, lì le specie sono particolarmente a rischio a causa dei nuovi regimi di temperatura annuale perché si sono evolute in una gamma ristretta di condizioni. Potrebbero essere in grado di tollerare solo un piccolo margine di riscaldamento rispetto a quello a cui sono abituate».

Per valutare le temperature orarie vicine al suolo nelle KBA tropicali, i ricercatori hanno utilizzato misurazioni della temperatura, dati satellitari e un modello microclimatico e ne è venuto fuori che la percentuale di KBA in Africa e America Latina con nuovi regimi di temperatura è stata particolarmente elevata (72% e 59%), mentre in Asia e Oceania un numero inferiore di KBA si è spostato verso nuove temperature (49%). Alcune KBA in America Latina (2,9%) – e un piccolo numero in Asia e Oceania (0,4%) – sono recentemente passate a regimi di temperatura quasi completamente nuovi (oltre l’80% delle misurazioni della temperatura sono al di fuori dell’intervallo precedente). In America Latina, queste KBA erano tutti localizzati in Ecuador, Colombia, Venezuela o Panama, con le Ande tropicali particolarmente colpite.

Il Post-2020 Global Biodiversity Framework, approvato dalla COP15 CBD di Kunming-Montreal, include un obiettivo preliminare per la conservazione di almeno il 30% della superficie terrestre a livello globale entro il 2030, e individua specificamente le KBA come una priorità fondamentale per attuare questo obiettivo.

Un altro autore dello studio, Alexander Lees, della School of Science & the Environment della Manchester Metropolitan University, evidenzia che «La quantità di capitale politico ed economico dedicato alla salvaguardia della biodiversità è tristemente inadeguata. I nostri risultati dimostrano che il doloroso processo di conservation triage – la selezione di nuove aree protette – deve quindi tenere in considerazione nelle valutazioni di priorità l’impatto dei cambiamenti climatici in corso su quei siti».

Inoltre, le KBA non ricevono automaticamente una protezione formale: la eventuale tutela delle aree identificate viene decisa dai governi dei diversi Paesi e lo studio fa notare che «Del 34% delle KBA delle foreste tropicali che non hanno subito nuovi regimi di temperatura, più della metà non è attualmente protetta».

La Rew conclude: «Abbiamo bisogno di politiche climate-smart che proteggano questi rifugi vitali».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.