Gli arbusti delle foreste europee migrano verso l'inquinamento da azoto
Lo studio “Unexpected westward range shifts in European forest plants link to nitrogen deposition”, pubblicato su Science da un team internazionale di 31 scienziati guidati da Pieter Sanczuk del Forest & Nature Lab dell’Universiteit Gent, ivela inaspettatamente che «L'inquinamento da azoto e, in misura minore, il cambiamento climatico sono i principali fattori alla base dei sorprendenti spostamenti verso ovest nella distribuzione delle piante».
Sebbene in molti ritengano che l'aumento delle temperature stia spingendo molte specie verso aree più fredde e settentrionali, questo studio dimostra che gli spostamenti verso ovest sono 2,6 volte più probabili degli spostamenti verso nord. I ricercatori fanno infatti notare che «Molte specie vegetali forestali europee si stanno spostando verso ovest a causa degli alti livelli di deposizione di azoto, sfidando la credenza comune che il cambiamento climatico sia la causa principale dello spostamento delle specie verso nord. Questa scoperta rimodella la nostra comprensione di come i fattori ambientali, e in particolare l'inquinamento da azoto, influenzino la biodiversità.
Lo studio ha analizzato gli spostamenti nell'area di distribuzione di 266 specie di piante forestali in Europa nell'arco di diversi decenni, con le prime misurazioni effettuate nel 1933 in alcune località e ha incluso alcune delle foreste più emblematiche d'Europa, come la foresta primordiale di Białowieża in Polonia, scoprendo che molte piante presenti nell'Europa orientale, come l'erba dei prati e le piantine di abete bianco, carpino e sicomoro, stanno migrando verso ovest, dove auto, centrali elettriche e fabbriche producono enormi quantità di biossido di azoto. Per alcune piante il cambiamento è rapido: l'acetosella si sposta verso ovest a una velocità di circa 3 miglia all'anno. E spesso le piante amanti dell'azoto stanno soppiantando la vegetazione autoctona.
Il fattore principale di questo sorprendente fenomeno? «Gli alti livelli di deposizione di azoto dall'inquinamento atmosferico – risponde il team di scienziati - che consentono una rapida diffusione di specie vegetali tolleranti all'azoto principalmente dall'Europa orientale. L'insediamento di queste specie altamente competitive in aree con alti livelli di deposizione di azoto spesso avviene a scapito delle specie vegetali più specializzate. I risultati evidenziano che i futuri modelli di biodiversità sono guidati da interazioni complesse tra molteplici cambiamenti ambientali, e non dovuti ai soli effetti esclusivi del cambiamento climatico. Comprendere queste interazioni complesse è fondamentale per i gestori del territorio e i decisori politici per proteggere la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi».
I principali risultati dello studio sono che «Le piante forestali europee modificano la loro distribuzione a una velocità media di 3,56 chilometri all'anno. Il 39% delle specie vegetali si sposta verso ovest. Gli spostamenti verso nord sono osservati solo per il 15% delle specie. Sorprendentemente, l'inquinamento da azoto, e non il cambiamento climatico, è il fattore principale alla base dello spostamento verso ovest della distribuzione delle piante forestali europee.
Uno degli autori dello studio, Ingmar Staude del Deutsches Zentrum für integrative Biodiversitätsforschung (iDiv) e dell'Universität Leipzig, conferma: «Il cambiamento climatico è spesso visto come il principale colpevole dietro i cambiamenti di areale nelle specie vegetali, ma le interazioni chiave con fattori determinanti storicamente importanti sono spesso trascurate. Negli ultimi decenni, la maggior parte dei cambiamenti di areale nelle piante forestali europee sono attribuiti alla deposizione di azoto e solo in misura minore al cambiamento climatico. Questo solleva un'importante domanda: come possono gli ecosistemi adattarsi all'aumento delle temperature mentre i cambiamenti della biodiversità sono per lo più guidati da altri cambiamenti ambientali, in particolare dall'inquinamento atmosferico?»
I ricercatori concludono: «Comprendere queste complesse interazioni è fondamentale per i gestori del territorio e i decisori politici per proteggere la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi».