Ingv e Ogs a caccia delle emissioni di metano nel cuore del Mediterraneo
Il metano è uno dei gas serra più potenti, con un potenziale effetto serra ben 25 volte superiore a quello della CO2. Questo gas può contribuire non solo all’aumento delle temperature, ma anche alla fusione dei ghiacciai e all’innalzamento del livello del mare. La sua presenza nell’atmosfera è quindi un elemento cruciale da studiare e monitorare per comprenderne le relazioni con il cambiamento climatico.
Tra le fonti naturali di metano si annoverano i sistemi idrotermali annessi ai vulcani che emettono una varietà di gas, anche in periodi di quiescenza. I principali gas emessi dai sistemi vulcanici/idrotermali sono il vapore acqueo (H₂O), anidride carbonica (CO₂), anidride solforosa (SO₂) ed in quantità minore monossido di carbonio (CO), acido cloridrico (HCl), acido fluoridrico (HF), azoto (N₂) e metano (CH₄).
Alcune delle sorgenti di metano si trovano sui fondali marini. Il Mar Mediterraneo è un’area geologicamente attiva con diverse zone in cui vi è rilascio di gas. Questi punti di emissione possono derivare da fonti sia naturali che antropiche, le quali sono di grande interesse per gli scienziati.
Il Mediterraneo ospita numerosi vulcani sottomarini che ospitano sistemi idrotermali i quali rilasciano massicce quantità di fluidi. In particolare, nel Tirreno, vi sono strutture sottomarine ancora poco studiate, in particolare in termini di budget di rilascio di gas potenzialmente serra.
Non si conosce ancora quale sia la quantità di metano emessa in atmosfera da queste fonti naturali. Il metano, a differenza dell’anidride carbonica, non si dissolve lungo la colonna d’acqua, ma una volta emesso arriva fino in superficie. Per questo motivo, è importante tracciare e campionare il metano dal punto di fuoriuscita sul fondo del mare e fino alla superficie di scambio con l’atmosfera.
Panarea
Nel Mar Mediterraneo, punti di emissione di metano sono le numerose sorgenti idrotermali connesse ai vulcani sottomarini. Uno dei siti più significativi è l’isola di Panarea, appartenente all’arcipelago delle isole Eolie al largo della costa nord-orientale della Sicilia.
Panarea è nota per le sue emissioni di gas sottomarine, situate in una vasta area tra gli isolotti prospicienti l’isola, che raggiunge un’estensione di oltre 8 km2. Le sue dimensioni rendono questo sistema idrotermale uno dei più vasti dell’intero Mediterraneo. Le emissioni di gas sono il risultato delle interazioni tra processi di degassamento vulcanico ed il sistema acqua/roccia soprastante, tuttora in corso.
Panarea è inoltre una località turistica rinomata, il che rende ancora più importante la comprensione degli impatti ambientali di queste emissioni.
Uno degli eventi più significativi di rilascio di gas a Panarea è avvenuto nel novembre 2002, quando un’improvvisa immissione di fluidi di origine vulcanica nel sistema idrotermale causò una degassamento massivo visibile in superficie per diversi mesi. Questo evento ha attirato nel tempo l’attenzione dei ricercatori ed ha portato a numerosi studi scientifici sull’attività vulcanica e idrotermale della zona.
Grado
Oltre a Panarea, altri siti nel Mediterraneo sono noti per le loro emissioni di metano, anche se le caratteristiche delle varie aree differiscono tra loro. Il fenomeno risulta essere particolarmente concentrato in corrispondenza dell’area del Golfo di Trieste, in particolare l’area a sud-ovest di Grado. Tale area è caratterizzata da un’elevata concentrazione di affioramenti rocciosi e manifestazioni di fluidi.
Dettaglio delle fasi di campionamento sottomarino di Metano di origine organica – Trezze di Grado
Questi affioramenti, noti come “grebeni” (ma anche come grebani, tegnue o trezze) sono interessati dalla colonizzazione di organismi, alcuni dei quali “biocostruttori” (ad es. alghe calcaree) che quindi beneficiano di questo particolare ambiente.
Non tutto il metano ha la stessa origine
Le due aree studio presentano caratteristiche diverse. Il golfo di Grado, ad esempio, è un sito nel quale viene emesso quasi esclusivamente metano di origine organica e rappresenta la quasi totalità della miscela gassosa.
Diversamente, a Panarea il metano rilasciato dal sistema è di origine idrotermale, come componente minore di una miscela il cui componente principale è l’anidride carbonica. Qui, come del resto si verifica anche nelle trezze a largo di Grado, il metano contenuto nella miscela viene in parte metabolizzato da comunità di batteri estremofili e rappresenta quindi il loro “cibo”. Tuttavia, alcune particolari specie batteriche sono loro stesse responsabili del rilascio di piccole quantità di gas metano.
E’ dunque importante capire quanto contributo del metano che raggiunge l’atmosfera sia di origine idrotermale e quanto, invece, sia il prodotto dall’attività batterica.
Le infrastrutture a Panarea
A largo di Panarea è installato un osservatorio multidisciplinare sottomarino, che ha acquisito, e acquisisce tuttora, una lunga serie storica di dati utili a stimare, tra le altre cose, le quantità di metano disciolto nel tempo. L’osservatorio è stato potenziato nel tempo per accogliere anche strumentazione scientifica di terze parti per studi ad ampio spettro ed è stato impiegato come strumento di supporto ai fini di una migliore e più ampia conoscenza dei fenomeni investigati. Accessibilità e conoscenza del territorio rappresentano quindi obiettivi primari per affinare le linee d’intervento e di sviluppo.
Osservatorio multidisciplinare installato in uno dei siti più rilevanti del campo idrotermale di Panarea @credits Gabriele Palma
Il progetto MEFISTO
Il progetto MEFISTO (Monitoring and Modelling the Fluxes of CO2 and CH4) si propone di tracciare e creare modelli di rilascio di anidride carbonica e metano nei siti mediterranei.
Gruppo di ricerca INGV-OGS coinvolto nelle attività del progetto MEFISTO – Porto di Panarea
Grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e l’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), MEFISTO mira a sviluppare nuove tecnologie e metodi per monitorare e meglio definire le emissioni di gas serra di origine naturale. L’importanza delle partnership è fondamentale, poiché permette di combinare risorse e competenze per affrontare problemi complessi.
Campionare il metano richiede tecnologie avanzate e metodologie specifiche. Vengono utilizzati sensori marini e strumenti portatili avanzati per misurare le concentrazioni di gas direttamente alla sorgente. Questi dati vengono poi analizzati per capire la distribuzione e l’origine delle emissioni di metano, permettendo di stimare quanto gas raggiunge l’atmosfera. Le campagne di campionamento vengono effettuate in diversi periodi dell’anno per valutare le variazioni stagionali delle emissioni.
Per raggiungere i risultati proposti e per avere le stime dei parametri di interesse, sono in corso quattro campagne oceanografiche. Tre sono già state portate a termine, due a Panarea (la più recente ha avuto luogo nell’ultima settimana di Settembre 2024) ed una a largo di Grado. Le misure replicate su entrambe le aree di indagine permetteranno di osservare i cambiamenti stagionali ed il loro eventuale effetto sull’attività di degassamento. Acque più fredde e saline, e dunque più dense o variazioni significative delle maree, possono inibire la fuoriuscita di gas ed è dunque fondamentale conoscerne i potenziali effetti mitiganti. Investigare le differenze può permettere di redigere modelli di emissione più affinati.
Il contributo INGV
La sezione dell’INGV di Palermo vanta una grande esperienza nelle ricerche marine applicate alle emissioni di gas da sistemi sottomarini. Con un team di esperti in geochimica dei fluidi, la sezione partecipa a progetti di rilevanza internazionale come MEFISTO. L’innovazione tecnologica e lo sviluppo di sensori avanzati sono punti di forza che permettono di monitorare e analizzare con precisione i fenomeni legati alle emissioni di metano.
Il team coinvolto nel progetto sta conducendo studi sul ciclo del metano, campionando il gas dalla sorgente, lungo la colonna d’acqua e fino all’interfaccia acqua/atmosfera. L’obiettivo del progetto è quantificare la dispersione del gas metano lungo il suo tragitto, considerando anche l’apporto metabolico dei batteri, cercando così di ottenere una valutazione più completa dei fattori incidenti nel rilascio in atmosfera.
L’apporto del team INGV è quello di impiegare le tecniche adeguate di campionamento e analisi geochimiche per garantire una significativa ed estremamente accurata raccolta di campioni ai fini del raggiungimento degli obiettivi proposti.
Dettaglio delle fasi di campionamento sottomarine di fluidi idrotermali – Campo idrotermale di Panarea
Tale studio permetterà inoltre di capire quanto il nostro pianeta è già in grado di mitigare l’apporto endogeno di gas serra, valutando così il proprio grado di resilienza.
Oltre all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il progetto coinvolge anche la sezione di Oceanografia di OGS, per lo studio delle comunità microbiche e le loro interazioni con questi particolari ambienti. La ricerca sul metano e le sue emissioni continuerà a essere centrale nelle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. La continua collaborazione internazionale e la promozione di progetti come Mefisto potranno fare da volano per sviluppare nuove tecnologie per il monitoraggio e la valutazione del reale impatto delle emissioni di gas serra, aiutando all’identificazione di possibili soluzioni concrete per un futuro più sostenibile.