Pozzuoli, intorno alla Solfatara l’eccesso di CO2 arriva dal sottosuolo e non da attività umane
La crisi climatica in corso è alimentata dalle emissioni di gas serra – in particolare la CO2 – legate ad attività umane e in primis all’impiego di combustibili fossili come gas, petrolio e carbone. Si tratta di un dato di fatto su cui ormai concorda il 99% degli scienziati climatici, ma a livello locale l’eccesso di CO2 può essere provocato anche da cause naturali, come la presenza di sistemi vulcanici e idrotermali.
Il degassamento naturale di CO2 dai territori caratterizzati dalla presenza di vulcani o comunque da un gradiente geotermico elevato è un fenomeno diffuso, come dimostrano da ultimo le ricerche condotte nella Toscana della geotermia o la scoperta che dall’Etna arriva circa il 10% di tutta la CO2 mondiale di origine vulcanica.
Un nuovo studio pubblicato su Scientific reports dai ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha esplorato adesso la composizione degli isotopi stabili del carbonio e dell'ossigeno nell’anidride carbonica (CO2) atmosferica della città di Napoli che, in sé, costituisce una delle zone più densamente popolate d'Europa.
«Mentre nell'area urbana di Napoli l'aumento dell’anidride carbonica dipende principalmente dalla combustione di idrocarburi, in alcune aree intorno alla Solfatara di Pozzuoli l'eccesso di CO2 deriva chiaramente dalle attività vulcaniche e idrotermali – spiega Roberto Di Martino, ricercatore della Sezione di Palermo dell’Ingv e primo autore dello studio – Questo ci ha motivato a cercare di comprendere meglio la variabilità delle sorgenti di CO2 e di quantificare il contributo di ciascuna fonte nelle diverse aree».
Il team ha utilizzato un laboratorio mobile dotato di tecnologie di spettrofotometria laser per misurare la composizione isotopica e la concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria. Prima di essere applicato al caso specifico della città di Napoli, il metodo di indagine è stato testato e perfezionato sull’Isola di Vulcano, durante la crisi di degassamento del 2021.
Stefano Caliro, ricercatore della Sezione Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore della ricerca, aggiunge che «le analisi isotopiche restituiscono una visione dettagliata dei processi che causano l'aumento locale della concentrazione di CO2. Questa tecnologia, in combinazione con altre tecniche di monitoraggio, rappresenta un progresso significativo per le scienze ambientali e la vulcanologia, in particolare in aree dove sorgenti naturali e antropiche coesistono».
Per migliorare ulteriormente la capacità di monitorare l’anidride carbonica atmosferica in tempo reale, il team dell'Ingv ha avviato nella Sezione di Palermo la realizzazione di una rete sperimentale chiamata Atmospheric Carbon and Oxygen Laboratory (ACO-Lab), che prevede l'installazione di stazioni di monitoraggio in alcune delle città italiane più popolate e in zone meno urbanizzate per controlli comparativi.
«Identificare con precisione le sorgenti di emissione è cruciale per promuovere azioni concrete di contrasto al cambiamento climatico. Le determinazioni di carbonio e ossigeno, infatti, rappresentano una svolta importante nelle azioni di contrasto alle cause del riscaldamento globale», conclude Sergio Gurrieri, ricercatore della Sezione di Palermo dell'Ingv e co-autore dello studio.