Anche i gorilla si curano con le piante e utilizzano quelle dei guaritori tradizionali africani
Lo studio “Antibacterial and antioxidant activities of plants consumed by western lowland gorilla (Gorilla gorilla gorilla) in Gabon”, pubblicato su PLOS ONE da un team di ricercatori del Gabon guidato da Leresche Even Doneilly Oyaba Yinda del Centre International de Recherches Medicales di Franceville (CIRMF)e al quale hanno partecipato anche la britannica Joanna Setchell della Durham Universiy e la francese Sylvain Godreuil Laboratoire de Bactériologie CHU - IRD, CNRS, Université de Montpelier, ha analizzato le piante tropicali mangiate dai gorilla selvatici e che vengono utilizzate anche dai guaritori locali, individuandone 4 dotate di effetti medicinali.
Secondo gli scienziati, «I gorilla che si auto-medicano potrebbero rivelare indizi utili per la scoperta di farmaci in futuro» e gli studi di laboratorio hanno rivelato che le piante che utilizzano sono ricche di antiossidanti e antimicrobici. Una si è addirittura è dimostrata promettente nella lotta ai superbatteri.
Il Gabon ospita vaste foreste inesplorate, che ospitano elefanti di foresta, scimpanzé e gorilla, oltre a numerose piante ancora sconosciute alla scienza. Il bracconaggio e le malattie hanno causato la scomparsa di un numero enorme di gorilla di pianura occidentali che sono classificati in grave pericolo di estinzione nella Lista Rossa dell'International Union for Conservation of Nature.
Il team di botanici ha studiato le abitudini alimentari/curative dei gorilla di pianura occidentali (Gorilla gorilla gorilla) del Moukalaba-Doudou National Park (MDNP) e, basandosi su interviste con guaritori locali, hanno selezionato quattro alberi che probabilmente avrebbero potuto avere effetti benefici: il kapok (Ceiba pentandra ), il gelso giallo gigante o Nyankama o frutta della scimmia (Myrianthus arboreus), il teak africano (Milicia excelsa) e i fichi (Ficus). La corteccia di questi alberi viene utilizzata nella medicina tradizionale africana per curare di tutto, dai disturbi allo stomaco all'infertilità, e contiene sostanze chimiche con effetti medicinali, dai fenoli ai flavonoidi.
I ricercatori spiegano che «I gorilla di pianura occidentali che vivono nel MDNP hanno consumato 27 piante. La popolazione locale utilizza diverse parti di queste piante (corteccia, radice, frutto e foglie) in preparazioni medicinali (macerazione, decotto, lozione, pomata e infuso). I risultati incrociati di indagini etnobotaniche ed etnofarmacologiche sull'uso tradizionale delle piante da parte dei guaritori tradizionali nella loro farmacopea per curare varie malattie umane ci hanno permesso di selezionare per questo studio le quattro piante consumate dai gorilla di pianura occidentali che vivono nel MDNP. Queste informazioni sono state recuperate dalla popolazione autoctona Vungu, che vive nel villaggio di Doussala nel MDNP».
Tutte e quattro le piante hanno mostrato attività antibatterica contro almeno un ceppo multifarmaco-resistente dell'Escherichia coli e i ricercatori dicono che «In particolare, il kapok ha mostrato una notevole attività contro tutti i ceppi testati».
Secondo la Setchell, «Questo suggerisce che i gorilla si sono evoluti per mangiare piante che forniscono loro benefici mette in luce le enormi lacune nella nostra conoscenza delle foreste pluviali dell'Africa centrale».
Infatti, tutte le specie vegetali studiate e utilizzate sia dai gorilla che dai guaritori umani hanno mostrato attività antiossidanti e antimicrobiche. Gi scienziati evidenziano che «La natura asintomatica di questi gorilla nei confronti dell'Escherichia coli MDR ( DEC) potrebbe essere spiegata dal loro consumo della corteccia delle quattro piante testate. I risultati scientifici ottenuti durante le analisi farmacologiche potrebbero giustificare l'uso di queste piante nella farmacopea tradizionale contro varie malattie umane. Le quattro piante studiate potrebbero essere fonti promettenti per la scoperta di nuove molecole bioattive nei settori farmaceutico, cosmetico e alimentare. Una delle possibili sfide di questo studio è stata quella di affrontare la questione di potenziali soluzioni alternative al problema della resistenza antimicrobica, utilizzando un approccio di zoofarmacognosia».
I risultati dello studio dimostrano che le sostanza contenute in queste piante «Potrebbe essere utilizzato come trattamento efficace per le malattie causate dai radicali liberi e le malattie causate da ceppi batterici resistenti agli antimicrobici. Quindi, tutti questi fondamenti potrebbero confortare l'ipotesi di automedicazione degli animali non umani, comprese le grandi scimmie» e le piante studiate potrebbero potenzialmente essere candidate a produrre medicine tradizionali migliorate (ITM) nell'applicazione di nuovi protocolli terapeutici contro le malattie infettive di origine batterica.