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Le farfalle a rischio hanno maggiori probabilità di sopravvivere con l'aiuto dell'uomo

La gestione dell'habitat può fare la differenza, anche di fronte a fattori di stress come il cambiamento climatico
 |  Natura e biodiversità

Secondo lo studio “Phenological constancy and management interventions predict population trends in at-risk butterflies in the United States” pubblicato recentemente sul Journal of Applied Ecology da un team di ricercatori statunitensi guidato da Cheryl Schultz e Collin Edwards della Washington State University (WSU), alcune delle farfalle più a rischio estinzione se la passano meglio quando i loro habitat sono gestiti attivamente dagli esseri umani.

Da tempo gli scienziati hanno lanciato l’allarme sul fatto che le popolazioni di insetti in tutto il mondo stanno diminuendo rapidamente a causa degli effetti combinati del cambiamento climatico, della perdita di habitat e dei pesticidi. Lo studio ha analizzato i dati di 114 popolazioni di 31 specie di farfalle in 10 Stati Usa e ha scoperto che «Nel complesso, queste farfalle a rischio sono particolarmente vulnerabili, con popolazioni in calo a un tasso stimato dell'8% all'anno, che si traduce in un calo di circa il 50% in un decennio». Tuttavia, i risultati dello studio forniscono la speranza che la gestione dell'habitat possa rallentare o persino potenzialmente invertire quei bruschi declini.

La Schultz, professoressa di biologia della conservazione alla WSU, evidenzia che «Il segnale più forte che abbiamo trovato è che nei luoghi in cui le persone sono attivamente impegnate con modi per gestire l'habitat, le farfalle stanno meglio. Per me è molto emozionante perché significa che la gestione dell'habitat può fare la differenza, anche di fronte a fattori di stress come il cambiamento climatico»

Con le temperature più calde dovute al cambiamento climatico, molte farfalle hanno modificato i periodi delle loro attività stagionali, spesso diventando attive prima nel corso dell'anno. Quando  e se questi cambiamenti siano buoni, cattivi o relativamente neutri per una specie resta una questione aperta in ecologia.

Edwards spiega che «Abbiamo scoperto che per queste farfalle, grandi cambiamenti nelle tempistiche erano generalmente negativi. Le popolazioni con cambiamenti maggiori avevano maggiori probabilità di essere in declino. Tuttavia, siamo stati entusiasti di scoprire che la gestione dell'habitat sembrava smorzare l'effetto del cambiamento climatico sulle tempistiche delle farfalle. Le popolazioni che ricevevano una gestione più frequente avevano cambiamenti minori nei loro periodi».

Nonostante i trend demografici complessivamente negativi identificati per queste specie di lepidotteri, i collegamenti individuati dal team di ricerca tra trend della popolazione, cambiamenti nelle tempistiche e nella gestione forniscono una strada da seguire per la conservazione delle farfalle.

Una delle autrici dello studio, Elizabeth Crone dell’università della California – Davis, fa notare che «Questo potrebbe non risolvere l'impatto del cambiamento climatico, ma possiamo mediarne alcuni degli effetti. E’ in nostro potere a livello locale fare qualcosa di positivo per queste popolazioni".

Lo studio, finanziato dall'US Strategic Environmental Research and Development Program, dall'US Fish and Wildlife Service e dall'US Geological Survey, ha incluso specie come l'Oregon silverspot (Speyeria zerene hippolyta), il checkerspot di Taylor (Euphydryas editha taylori), la Karner blue (Lycaeides melissa samuelis) e l’Elfo ghiacciato (Callophrys irus) e anche la farfalla blu di Fender (Icaricia icarioides fenderi), che è diventata il simbolo degli sforzi di recupero, dopo essere passata da poche migliaia di farfalle negli anni '90 a oltre 30.000 oggi con l'aiuto di ricercatori come Schultz, nonché di gestori di terreni pubblici e proprietari terrieri privati, tra cui molti vigneti della Willamette Valley.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto che «Il tipo di intervento sull'habitat selezionato dai gestori era appropriato, con attività quali abbruciamenti controllati, falciatura, diserbo e piantagione attiva di piante da nettare o piante "ospiti" per i bruchi delle farfalle, selezionate in base alle esigenze di ciascuna area.

Schultz  conclude: «I volontari possono aiutare nella gestione attiva delle aree naturali locali, aiutando con nuove piantagioni e diserbando le specie invasive. Le persone possono supportare le farfalle anche nel loro giardino. Incoraggiamo davvero le persone a piantare in abbondanza di fiori selvatici e piante, sia che siano ospiti per i bruchi, sia che forniscano nettare per le farfalle. Queste dovrebbero essere “piantumazioni pulite”, ovvero prive di pesticidi. Più riusciamo a ridurre i pesticidi nel nostro ambiente, meglio sarà per le farfalle e gli insetti».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.