Garantire ecosistemi marini sani per un futuro sostenibile per la pesca europea
Secondo il nuovo briefing ‘Healthy seas, thriving fisheries: transitioning to an environmentally sustainable sector’dell’ European Environment Agency (EEA), «I mari regionali europei sono generalmente in cattive condizioni, il che minaccia la competitività e la sostenibilità a lungo termine dell'industria ittica europea. La pesca eccessiva, la cattura accidentale e il degrado dell'habitat determinano il declino della biodiversità marina nei mari europei, insieme alle pressioni derivanti dall'eutrofizzazione, dall'inquinamento e dai cambiamenti climatici».
Il briefing EEA fornisce una panoramica della situazione ambientale della pesca europea e individua opzioni concrete per contribuire a realizzare un settore della pesca competitivo e sostenibile nel lungo termine. L’EEA evidenzia che «La pesca si basa su ecosistemi marini sani, ma i mari europei sono generalmente in cattive condizioni a causa delle crescenti pressioni delle attività umane e dei cambiamenti climatici. Circa il 40% dei pesci e dei molluschi nei mari europei non sono in buone condizioni o pescati in modo sostenibile, e bilanciare la domanda di spazio e risorse marine tra la pesca e altre attività della "Blue Economy", come i parchi eolici offshore, sarà sempre più importante».
La pesca può avere un impatto negativo sugli ecosistemi marini, anche attraverso catture accessorie, scarti del pescato, degrado dell'habitat, attrezzi da pesca abbandonati o persi, inquinamento e rilascio di carbonio dal fondale marino. Il briefing dell'EEA sottolinea che «Nonostante il successo in alcune acque europee nel ridurre la pesca eccessiva, persistono pratiche dannose e livelli di pesca non sostenibili».
Il briefing dell'EEA dimostra però che, se implementate con successo, ci sono misure comprovate e utili che possono migliorare la situazione ed elenca diverse azioni che possono aiutare a garantire la sostenibilità della pesca in Europa, quelle principali includono «Il mantenimento di tutti i livelli di pesca a livelli sostenibili, l'eliminazione graduale delle pratiche dannose e la promozione di tecniche di pesca a basso impatto».
Tra le misure ritenute essenziali, per l’EEA è fondamentale espandere e gestire meglio la rete di aree marine protette (AMP) e non a caso il briefing dedica un box alle Aree marine protette e pesca nell’ambito della Politica comune della pesca (PCP), ricordando che «Come sottolineato dall’European green deal (CE, 2019), l'istituzione di una rete di AMP ben progettata ed efficacemente gestita è fondamentale per ricostruire e ripristinare gli ecosistemi marini e la biodiversità, garantendone i benefici a lungo termine. Questi benefici possono includere, ad esempio: 1) lo spillover di biomassa dalle aree chiuse alla pesca a quelle che rimangono aperte e 2) una migliore capacità di stoccaggio del carbonio degli habitat dei fondali marini. Pertanto, le AMP hanno il potenziale per aumentare le opportunità di pesca migliorando al contempo la resilienza e la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici (ad esempio ICES, 2021)».
Il briefing smentisce di fatto e clamorosamente le cifre gonfiate sulle Aree marine protette diffuse dal ministero dell’ambiente italiano e sottolinea che «Attualmente, le AMP coprono il 12,1% della superficie marina dell'Ue, di cui meno del 2% ha piani di gestione in atto. Meno dell'1% è rigorosamente protetto (EEA, 2020 ; ECA, 2020 ; CE, 2020 b)». Per non lasciar dubbi l’EEA denuncia che «La situazione è ancora più grave nel Mar Mediterraneo, dove meno dello 0,06% ha una protezione completa (Claudet et al., 2020)».
Inoltre, le poche aree completamente protette o "zone di divieto di cattura" si trovano per lo più nelle acque territoriali degli Stati membri dell'Ue che si estendono fino a 12 miglia nautichedalla costa o, nel caso delle regioni più esterne dell'Ue, fino a 100 miglia nautiche. Il Briefing fa notare che «In queste aree, gli Stati membri possono applicare misure di conservazione della pesca alle loro flotte pescherecce e a tutte le altre imbarcazioni dell'Ue, sebbene possano applicarsi alcune eccezioni. Tuttavia, se uno Stato membro desidera attuare misure restrittive della pesca in aree al di fuori delle sue acque territoriali e fino al limite esterno della zona economica esclusiva (ZEE), queste devono prima essere proposte tramite raccomandazione congiunta nell'ambito del processo di regionalizzazione della PCP (vedere articoli 11 e 18 ). Per questo, tutti gli altri Stati membri con un interesse diretto nella gestione della pesca devono accettare le misure e rinunciare all'accesso ai diritti di pesca nelle aree interessate».
L’EEA avverte che «Questa procedura nell'ambito della PCP, volta a supportare gli Stati membri nell'adempimento dei loro obblighi ambientali, come quelli previsti dalle direttive Uccelli e Habitat e dalla direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (GES, come richiesto dall'articolo 2 della PCP), è generalmente considerata inadeguata per fornire una protezione efficace e tempestiva (ad esempio ECA, 2020 ; Kingma e Walker, 2021). Questo è dimostrato dal fatto che pratiche di pesca dannose, come la pesca a strascico di fondo, sono state documentate nel 59% delle AMP dell'Ue nel Mar Atlantico e nel Mar Baltico (Dureuil et al., 2018) e nel 90% dei siti marini Natura 2000 offshore (Marine Conservation Society, 2024). Inoltre, l'intensità della pesca a strascico è spesso più elevata all'interno di queste AMP rispetto alle aree non protette (Perry et al., 2022). Nel Mar Mediterraneo, le normative sono considerate insufficientemente severe per conferire qualsiasi beneficio ecologico in oltre il 95% delle aree designate per la protezione (Claudet et al., 2020)».
Le recenti linee guida politiche per la prossima Commissione europea, presentate dalla presidente eletta Ursula von der Leyen, fanno riferimento alla necessità di garantire che il settore della pesca «Resti sostenibile, competitivo e resiliente e di mantenere condizioni di parità per la filiera della pesca europea», e che «un patto europeo per gli oceani si concentrerà sulla promozione della blue economy e sulla garanzia della buona governance e della sostenibilità dei nostri oceani in tutte le loro dimensioni».
Sono le stesse politiche, normative e protezioni contro le quali si scaglia il governo italiano – a cominciare dal ministro dell’agricoltura e pesca Francesco Lollobrigida – schierandosi con la parte del mondo della pesca che vuole mantenere attività e impatti sugli stock ittici che si stanno dimostrando insostenibili per la stessa sopravvivenza della pesca.
L’EEA conclude: «Senza ridurre o eliminare in modo significativo la pressione della pesca nelle aree marine protette, l'attuale gestione compromette la capacità delle aree marine protette di invertire l'attuale declino della biodiversità e degli habitat marini (ECA, 2020)».