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Le arche della biodiversità dell’Antropocene

Un libro di Alessandro Chiarucci che spiega bene la differenza tra sviluppo sostenibile e conservazione della biodiversità
 |  Natura e biodiversità

Ho conosciuto Alessandro Chiarucci molti anni fa, gli anni ‘90 del secolo scorso, quando ero dirigente del servizio conservazione della natura della provincia di Siena. Ero alla mia prima esperienza di questo tipo, nettamente il più giovane e meno esperto dirigente dell’amministrazione. Ciononostante l’allora vertice politico, il presidente Starnini e l’assessore Pozzi, mi affidarono il compito di costruire il sistema delle riserve naturali della provincia di Siena, selezionando le aree più importanti dal punto di vista naturalistico. Per la parte zoologica sapevo  come muovermi, ma per la parte botanica avevo bisogno di specifiche competenze. Mi rivolsi allora al compianto professore  Vincenzo De Dominicis, grande studioso dell’università di Siena e grande esperto della flora senese, che conoscevo da anni. Lui accettò di collaborare con entusiasmo e mi disse che voleva far seguire particolarmente la cosa ad un giovane che si era laureato con lui da qualche anno. E cosi mi presentò Alessandro Chiarucci, io come dirigente ero giovane, ma lui lo era anche di più, rimasi subito colpito dall’entusiasmo e dalla competenza, gli occhi vivi ed intelligenti erano indicativi di una persona speciale. È facile dirlo ora, ma assicuro che lo pensai subito: questo ragazzo farà carriera. E l’ha fatta eccome, oggi è professore ordinario all’Università di Bologna ed è stato fino a poco tempo fa presidente della prestigiosa Società Botanica Italiana.

Il suo ultimo prodotto “Le arche della biodiversità” è un testo che dovrebbero leggere tutti quelli che hanno interesse alla conservazione della biodiversità, ma sopratutto quelli che, invece, non ne hanno per niente. Infatti, l’autore spiega benissimo, con parole semplici e con dovizia di esempi, come la conservazione della biodiversità sia un interesse prima di tutto per la specie umana, soprattutto per le future generazioni. Non che non vengano sottolineati anche gli aspetti etici per i quali la “specie dominante” sul pianeta avrebbe il dovere di rispettare le altre, ma, il riferimento “utilitaristico” può essere stimolante per chi di quella etica ne ha poca.

Il tema conduttore del libro è che siamo in pieno all’interno delle sesta estinzione di massa sul nostro pianeta, quella dell’epoca antropocentrica. Ma mentre nelle prime cinque l’uomo non c’entrava nulla (nemmeno esisteva) per quella in corso ne è la causa.

Facendo sempre riferimenti a studi e dati scientifici Chiarucci illustra i modelli che prevedono entro la fine di questo secolo l’estinzione di un milione di specie, nel caso più “ottimistico”, e in quello più “pessimistico” addirittura della metà di quelle attualmente presenti sulla terra, quantificabile in diversi milioni. A questo però, chi è la causa, la specie umana, può porre un rimedio e partendo dalla proposta visionaria e anche un po’ provocatoria  del grandissimo biologo Oscar Wilson, quella della Half Heart, cioè mezzo pianeta per gli uomini e l’altro mezzo per la biodiversità, l’autore formula delle proposte meno estreme, ma che potrebbero essere un buon compromesso per salvare, non tutte le specie condannate all’estinzione, ma una buona parte di esse.

Chiarucci spiega bene la differenza tra sviluppo sostenibile e conservazione della biodiversità evidenziando come, se non si lascia una parte del nostro pianeta a processi completamente naturali, dove ad esempio un albero può crescere, morire e decomporsi restituendo all’ecosistema elementi preziosi per il ciclo della vita, per milioni di specie non ci sarà futuro.

Insomma un libro che consiglio a tutti di leggere, anche chi si occupa da sempre di conservazione troverà elementi e dati nuovi, come è successo al sottoscritto. Chi invece non ha molte conoscenze in materia, ma ha figli e nipoti o chi essendo giovane ha molti anni di vita davanti a se saprà cosa si prospetta per l’umanità e cosa si potrebbe fare per avere un futuro migliore.

Giampiero Sammuri

Presidente Parco Nazionale Arcipelago Toscano

Redazione Greenreport

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