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L'incredibile diversità delle piante delle zone aride

La biodiversità come strategia delle piante per adattarsi a condizioni estreme
 |  Natura e biodiversità

Le zone aride sono definite come zone tropicali e temperate con un indice di aridità inferiore a 0,65, coprono il 45% della superficie terrestre e ospitano un terzo della popolazione mondiale. Includono ecosistemi subumidi, semiaridi, aridi e iperaridi come la macchia mediterranea, le steppe, le savane e i deserti.

All’Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement  (INRAE) ricordano che «Il nostro pianeta ospita una diversità di piante, con forme e funzioni estremamente varie. Questa straordinaria diversità morfologica, fisiologica o biochimica determina il modo in cui le piante si adattano e rispondono ai cambiamenti globali in atto, con importanti conseguenze sul funzionamento degli ecosistemi. Tuttavia, il 90% delle attuali conoscenze sulla diversità funzionale delle piante è limitata agli ecosistemi agricoli e delle zone temperate. Le zone aride, che rappresentano il 45% della superficie terrestre, restano molto poco esplorate. Sono direttamente minacciati dalla crescente aridità, dal pascolo eccessivo e dalla desertificazione. Comprendere la risposta delle piante a queste pressioni è necessario per capire come potrebbero evolversi la biodiversità e il funzionamento di questi fragili ecosistemi».

Lo studio Unforeseen plant phenotypic diversity in a dry and grazed world”, pubblicato su Nature da un team internazionale di 120 scienziati di 27 Paesi,  ha cercato di capire come le piante nelle zone aride si sono adattate a questi ambienti estremi.

I ricercatori coordinati da Nicolas Gross dell’Université Clermont Auvergne -  INRAE, Fernando  Maestre della King Abdullah University of Science and Technology e Yoann Le Bagousse-Pinguet, dell’Aix Marseille Université - CNRS, hanno raccolto per 8 anni campioni da centinaia di appezzamenti di terreno aridi selezionati in 6 continenti, per analizzare quasi 1.350 osservazioni fatte su più di 300 specie di piante.  Si tratta per la prima volta di uno studio sulle piante della zone aride realizzato su questa scala.  Al CNRS dicono che «I risultati mostrano che le piante nelle zone aride adottano una moltitudine di strategie di adattamento, una diversità che aumenta con il tasso di aridità. Sarebbe l'isolamento delle piante nelle zone aride, e quindi la diminuzione della competizione tra di esse, che consentirebbe l'espressione di una diversità di forme e funzioni unica al mondo, doppia rispetto a quella delle zone più temperate».

Questo studio rivela l’importanza delle zone aride come serbatoio globale di diversità funzionale delle piante e fornisce nuove prospettive per comprendere l’architettura vegetale, l’adattamento delle piante agli ambienti estremi, l’origine della colonizzazione degli ambienti terrestri da parte delle piante e la capacità delle piante di rispondere ai cambiamenti globali in corso.

Gli scienziati concludono: «Un’ipotesi dominante era che l’aridità avrebbe ridotto la diversità vegetale selezionando solo specie che potevano tollerare il caldo estremo e lo stress idrico. Tuttavia, i risultati di questo studio mostrano che nelle zone più aride del pianeta avviene il contrario: le piante presentano molteplici strategie di adattamento. Ad esempio, alcune piante hanno alti livelli di calcio per costruire una parete cellulare molto più forte, che le protegge dall’essiccamento. Altri hanno concentrazioni di sale molto elevate per limitare la sudorazione. Mentre osserviamo un numero di specie su scala locale inferiore rispetto ad altre regioni del pianeta (zona temperata o tropicale), le piante nelle zone aride presentano una straordinaria diversità di forma, dimensione e funzionamento, due volte più importante di quelle delle zone climatiche più temperate. Questo aumento di diversità è improvviso quando le precipitazioni scendono sotto la soglia dei 400 mm/anno; soglia dove si osserva anche un marcato calo della copertura vegetale e la comparsa di ampie zone di suolo nudo. Per spiegare questo fenomeno, lo studio suggerisce che la perdita di copertura vegetale porta a un crescente isolamento delle piante e a una diminuzione della competizione per le risorse, che consentirebbe l’espressione di una diversità di forma e funzionamento unica al mondo. Questa diversità di adattamento potrebbe anche riflettere complesse storie evolutive dell’origine della colonizzazione degli ambienti terrestri da parte delle piante più di 500 milioni di anni fa, che presentavano condizioni estreme per gli organismi viventi».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.