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In Asia ne restano 8-11mila, vivono in appena il 5% dell’areale storico

Ogni anno uccisi circa 20.000 elefanti africani per il commercio illegale di avorio

Oggi si celebra la Giornata mondiale. Wwf: contrastare bracconaggio, perdita di habitat e conflitti con l’uomo
 |  Natura e biodiversità

Cade oggi la Giornata mondiale dell’elefante, ma c’è poco da festeggiare per i pachidermi asiatici e africani. In otto Paesi del Sud-Est asiatico e della Cina (Cambogia, Cina, Laos, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam) restano circa fra gli 8.000-11.000 elefanti in natura: la popolazione residua di elefante asiatico oggi occupa appena il 5% del suo areale storico.

La perdita e la frammentazione degli habitat, i conflitti con l'uomo e il bracconaggio hanno causato un allarmante declino della popolazione: in alcuni Paesi sono rimasti solo poche centinaia di individui in natura. È necessario intervenire con urgenza per arrestare questo declino, proteggere gli elefanti e migliorare la coesistenza con le comunità locali. È con il fine di arrestare questo allarmante declino della popolazione e creare le condizioni per una pacifica coesistenza con l'uomo, che lo scorso anno il Wwf ha lanciato l'Alleanza per gli elefanti asiatici nel Sud-Est asiatico e in Cina chiedendo agli #EllyAllies di unirsi per proteggere la specie.

L’obiettivo dell'iniziativa regionale è quello di collaborare per replicare modelli di conservazione di successo che vadano a beneficio sia degli elefanti che delle persone. Un esempio è l'approccio dei "paesaggi viventi" sperimentato nel Sabah, in Malesia, dove un'azienda agricola privata collabora con il Wwf e il governo locale per garantire la connettività degli habitat e la presenza di abbondanti fonti di cibo per gli elefanti del Borneo. Questo progetto ha come diretta conseguenza una minore perdita di raccolti per le comunità locali e per l'azienda, e un miglioramento degli habitat per gli elefanti e gli altri animali selvatici.

Gli elefanti fanno parte del paesaggio asiatico da millenni e sono una specie chiave che porta benefici all’ecosistema e alle altre specie con cui condivide i territori, compresa la specie umana. Conservare gli elefanti e permettere loro di sopravvivere e prosperare non significa solo mantenere l'equilibrio dei loro ecosistemi, ma anche preservare i valori culturali di queste aree.

Non se la passano meglio gli elefanti in Africa, il cui numero è drasticamente crollato, passando dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415.000 riportati nell’ultimo censimento. Possiamo dire, quindi, che in 100 anni nel continente africano abbiamo perso più di 9 elefanti su 10. Le due specie presenti sono l’elefante di savana (Loxodonta africana) classificato come “in pericolo” e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) invece inserito tra le specie in “pericolo critico”. Il bracconaggio resta la causa principale del declino di entrambe le specie: si stima che ogni anno, infatti, vengano uccisi circa 20.000 elefanti per il commercio illegale di avorio. A questo si aggiungono le uccisioni generate dai conflitti con le comunità locali, purtroppo in crescita a causa della deforestazione (trasformazione di aree di foresta e savana in coltivazioni), carenza di cibo o di acqua.

Grazie al progetto “Una foresta per gli elefanti”, nel territorio del Tridom (Gabon, Camerun, Repubblica del Congo) il Wwf sta realizzando azioni di studio e monitoraggio tramite fototrappole, analisi genetiche e tagging, rafforzamento del sistema antibracconaggio, aumentando le risorse disponibili per gli uffici che lavorano sul campo, le tecnologie avanzate e la formazione delle guardie.

Si tratta di esempi concreti di buone pratiche da diffondere su larga scala per la conservazione di queste specie, promuovendo le azioni di conservazione che contrastano bracconaggio, commercio di avorio, perdita di habitat e conflitti con l’uomo, e sensibilizzando sul ruolo chiave che gli elefanti svolgono negli ecosistemi e sul loro valore culturale.

Redazione Greenreport

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