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Stereotipi umani e animali, minacce e territorialità

L’espressione di minaccia nel viso umano si può ritrovare quasi identica uno scimpanzé o in molte altre specie di scimmie soprattutto antropomorfe
 |  Natura e biodiversità

Nel contesto dei comportamenti coordinati ereditariamente che sono sotto il controllo del nostro patrimonio genetico, esistono delle trame motorie, soprattutto espressive, socialmente molto importanti – come i movimenti di imposizione, la minaccia e la rabbia – la cui mimica è fortemente accentuata a seconda degli effetti che vogliono scatenare o sollevare negli altri.

Generalmente sono tutti dei segnali molto chiari e inequivocabili. Vengono chiamati più esattamente stereotipi. Esistono sia nell’uomo sia negli animali, senza differenze sostanziali e di significato.

L’espressione di minaccia nel viso umano si può ritrovare quasi identica uno scimpanzé o in molte altre specie di scimmie soprattutto antropomorfe (scimpanzé, gorilla e orango). In altri mammiferi le minacce devono essere lette in altri segni; per intenderci un cane non minaccia allo stesso modo di una scimmia. Entrambi mostrano i denti, questo è vero, ma oltre a questo aggiungono altri segnali che si diversificano, soprattutto nei movimenti del corpo, a seconda della particolare specie di appartenenza. Per esempio, nel cane è molto importante il fatto che abbia la coda rigida e alzata (gesto di minaccia) rispetto al fatto che la oscilli a destra e a sinistra, che ha invece significato contrario. Un cane con la coda scodinzolante è difficile che morda.

Nella nostra storia evolutiva gli stereotipi hanno assunto un significato sociale notevolissimo. Per esempio, i dittatori li hanno utilizzati in base alle reazioni che suscitavano nel pubblico durante le loro apparizioni e i loro discorsi. Mussolini e i Hitler, come sappiamo, li hanno sfruttati molto bene. Non so se lo abbiano fatto di proposito, ma certamente hanno avuto sempre un grande impatto sulla gente. È certo che Hitler li abbia studiati allo specchio prima di presentarsi alle sue folle fanatiche, fuori di senno e accecate dall’ira per i torti subiti in passato, anche se a dire il vero molte persone erano obbligate ad assistervi. Non è necessario comunque rifarci a questi due dittatori per rendercene conto. Tuttora molti stereotipi vengono utilizzati anche dai più comuni mortali, soprattutto dagli oratori e conferenzieri o da chi è abituato a parlare in pubblico.

L’origine filogenetica di questi comportamenti è antichissima, tanto antica che possiamo trovare dei punti di riferimento nei cosiddetti stimoli-chiave, che esistono in tutti gli animali. Questi stimoli, come dice la parola “chiave”, scatenano reazioni specifiche e “aprono” delle serrature che non si potrebbero aprire altrimenti. Nei corteggiamenti umani e animali, per esempio, sono la regola, altrimenti l’insuccesso è garantito.

Ora prendiamo, per esempio, l’elaborazione di un aspetto della nostra vita relazionale molto comune e significativo, la rabbia, di cui abbiamo appena accennato all’inizio, cioè l’espressività del volto e i movimenti del corpo che si manifestano quando proviamo questa emozione. Espressività e movimenti che sono più o meno sempre gli stessi e accompagnati da una forte mimica, sebbene vadano sempre tenute presenti le notevoli differenze fra i singoli individui e le loro inibizioni culturali.

In alcune società, soprattutto quelle nordiche e protestanti, c’è sempre stata, e c’è tuttora, la tendenza a non esternare palesemente le proprie emozioni, inclusa la rabbia, sin dalla più tenera età. Per esempio, uno scopo fondamentale dei college in Inghilterra, soprattutto durante il periodo vittoriano, era proprio quello di insegnare ai ragazzi e alle ragazze a nascondere le proprie emozioni. Per capirci meglio, vediamo quanto questa forma educativa abbia potuto incidere poi sulla vita degli adulti. Prendiamo l’espressione emotiva di Sherlock Holmes, tipico investigatore anglosassone, riservato e deduttivo, figura creata da Arthur Conan Doyle, di fronte alla soluzione di undelitto molto intricato, e quella di Jules Maigret, sanguigno, impetuoso e impulsivo, figura creata da Georges Simenon, tipico scrittore latino. I due personaggi, Holmes e Maigret sono ovviamente immaginari, ma le loro differenze nel carattere e nella personalità ricalcano le diverse radici culturali ed educative dei due scrittori che li hanno creati.

Ci sono dei comportamenti umani e animali che attraverso il corso dell’evoluzione hanno assunto dei significati diversi da quelli originari; pensiamo ai comportamenti territoriali e a quelli legati alla limitazione degli spazi, soprattutto quando questi non sono sufficienti per tutti. Per capire le origini filogenetiche di questi comportamenti nell’uomo, dobbiamo rifarci a quelli animali o se vogliamo a quelli dei nostri lontani antenati o di alcune tribù autoctone contemporanee che esistono ancora (le uniche rimaste) in Papua Nuova Guinea, come per esempio i Fore, un popolo molto cooperativo, libero, che vive di caccia e di un’alimentazione piuttosto frugivora, sebbene in questi ultimi decenni siano stati contaminati dagli occidentali, dal consumismo e dall’infiltrazione dei media nella loro società. Al contrario di quanto si possa pensare, i comportamenti territoriali nei Fore, ma anche in altre società, hanno origini sessuali. Servono (o meglio servivano) per allontanare un estraneo o un gruppo di estranei dal loro territorio. Classico è l’esempio delle erme falliche nell’antica cultura greca che servivano e servono tuttora per delimitare le proprietà.

Nei Fore la territorialità invece si manifestava e si manifesta attraverso la messa in mostra del pene eretto, infatti questo era ed è il significato dell’erma fallica. Fino a poco tempo fa, questi segnali nei Fore venivano accentuati da alcuni strumenti che si infilavano nei genitali: astucci, cannucce, e altro di questo genere, sempre molto lunghi,vistosi e inequivocabili (ora purtroppo queste parate sono diventate un punto di attrazione per turisti scimuniti, muniti di macchine fotografiche, telecamere, cellulari e con il portafoglio pieno).

Certo le scimmie non ritualizzano con gli stessi artifici dei Fore, ma l’effetto del pene eretto nei riguardi di un competitor è lo stesso. In sostanza, il segnale che si vuole lanciare con questa dimostrazione di virilità e forza è: questo è il mio territorio e quindi devi andartene, non sei gradito, altrimenti sono guai.

Non tutti gli animali e nemmeno gli uomini di oggi utilizzano, ovviamente, questi artifici,però ne usano altri e l’effetto è sempre lo stesso. Per esempio, una deterrenza contro delinquenti scassinatori e ladri potrebbe essere la certezza dell’applicazione delle leggi sulla violazione della proprietà privata (in alcuni Paesi queste leggi vengono applicate senza eccezioni o indulgenze, con condanne pesanti per i trasgressori) e in casi eccezionali anche con l’uso delle armi giustificato dalla legittima difesa da parte di chi si sente minacciato.

In America questa sensibilità è talmente forte che molti si sentono autorizzati a tenere delle armi in casa (anche illegalmente), non solo per la paura di essere aggrediti, che ovviamente esiste sempre, ma per il timore che qualcuno entri nella loro casa, senza essere autorizzato,e magari armato. Il senso della proprietà territoriale da difendere ad ogni costo è molto forte in tutti noi, non solo in America; d’altra parte, se tutti gli animali non lo avessero avuto e messo in atto si sarebbero estinti da molto tempo.

Angelo Tartabini

Angelo Tartabini, già professore ordinario di psicologia generale presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma, in passato ha svolto attività di ricerca in Giappone, Olanda, Stati Uniti, Sud Africa, Canada e Inghilterra. E' autore di più di duecento pubblicazioni e di 16 volumi, tra i quali: Il mondo delle scimmie (Muzzio), L'uomo allo specchio (Il Pensiero Scientifico), Cannibalismo e antropofagia (Mursia), Una scimmia in tutti noi (B. Mondadori), Fondamenti di Psicologia evoluzionistica (Liguori), L'uomo scimmia (McGraw-Hill).